Non bastava l'accusa tanto generica, quanto infondata, della Lipu e di altre ancora più inattendibili congreghe animaliste, secondo cui in Piemonte alcuni cacciatori si sarebbero appostati per sparare alla fauna in fuga dagli incendi, cosa per altro smentita dai Carabinieri che - come per altro testimonia la stampa locale e nazionale (es: Quotidiano Piemontese, La Repubblica, Il Sole24ore) - non hanno registrato alcun episodio.
Ad infiammare la polemica pretestuosa e probabilmente infamante nei confronti dei cacciatori ci si è messo anche il Tg2, che nell'edizione serale del 30 ottobre si spinge oltre, accostando addirittura l'origine dolosa degli incendi alla categoria, senza aver alcun elemento per farlo. In collegamento in diretta da Mompantero (TO), uno dei luoghi più colpiti dai roghi in Valsusa, l'inviato Piergiorgio Giacovazzo fa una gravissima dichiarazione: subito dopo aver detto dell'accertamento da parte delle autorità dell'origine dolosa degli incendi e ricordato l'importanza di assicurare alla giustizia i criminali responsabili, dice: “in passato da queste parti dei cacciatori avevano appiccato il fuoco sulle montagne per far scendere a valle la selvaggina”. Il che lascia intendere che siano proprio i cacciatori i maggiori sospettati. La categoria è stata accostata impropriamente agli incendi di questi giorni utilizzando un evento dell'immaginario riferito ad un passato indefinito. Una strumentalizzazione che i rappresentanti dei cacciatori dovrebbero denunciaare con tutti i mezzi possibili, fino a denunciare - ove ce ne fossero le condizioni - il direttore del TG2 e il giornalista agli organi di controllo dell'Ordine, se non addirittura alla magistratura, per diffamazione.
E' successo la scorsa estate con il problema della siccità, è capitato purtroppo con assoluta puntualità ogni volta che inermi abbiamo assistito al fallimento dei tanti buoni intenti sulla prevenzione e la tutela ambientale, sul fronte della messa in sicurezza del suolo da alluvioni e incendi. Purtroppo ogni volta che un evento drammatico per l'ambiente colpisce il nostro Paese, in un modo o nell'altro, viene tirata in ballo la caccia: colpevole a prescindere, capro espiatorio su cui far convergere l'attenzione a fronte delle mancate politiche a tutela dell'ambiente.
Utilizzare accuse strumentali e non fondate pare essere sempre di più la tattica mediatica usata dalle cosiddette associazioni ambientaliste (in realtà animaliste) per tentare di screditare i cacciatori e omettere quanto gli stessi siano invece fra i pochi impegnati nella difesa ambientale, visto che organizzano per esempio capillari servizi anti incendio di cui, di fatto, le associazioni ambientaliste non si fanno carico.
Riguardo alla situazione incendi della Valsusa, diamo atto ad alcune testate di aver pubblicato la replica di un cacciatore, Alberto Verdi, che ha risposto con alcuni fatti: uno su tutti: le stesse linee tagliafuoco, necessarie per poter domare nel minor tempo possibile le fiamme, sono costruite proprio dai cacciatori. Il fatto che sulle aree percorse dal fuoco non si possa cacciare per 10 anni, come prevede la legge, dovrebbe chiudere del tutto la polemica. Ma questa, come altre grandi verità, sono omesse dal Tg2 e da tantissimi altri mezzi di informazione.
Resta in piedi, invece, il problema, legato alla trascuratezza e all'abbandono dei nostri boschi, sia da parte delle amministrazioni pubbliche, sia da parte delle presunte organizzazioni ambientaliste, che per sviare l'attenzione sulla loro inconcludenza, inventano untori immaginari.
Al proposito, riportiamo invece una dichiarazione estremamente calzante rilasciata - guarda caso a Vanity Fair, un periodico che si occupa di tutt'altro - da un esperto, Giorgio Vacchiano, ricercatore in ecologia e modellistica forestale presso il Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea.
"Incendi fuori stagione?", si chiede. "Non per le Alpi" è la sua risposta. Fra le cause: "c'entra anche la mancata cura del bosco. [...]. Le caratteristiche di questi boschi, da tempo non curati a causa dello spopolamento delle montagne e degli scarsi investimenti nel settore forestale, li rendono simili a un caminetto, con un accumulo di rametti morti, poi arbusti, poi rami bassi, e infine le chiome degli alberi, che formano una scaletta adatta a propagare le fiamme da suolo alla cima degli alberi in breve tempo".
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