“Tutto ciò che si muove in direzione di un superamento della frammentazione, dell’arroccamento su posizioni di mera difesa corporativa e della rimessa al centro dei temi della gestione non può che essere salutato come positivo”, commenta in una nota la Confederazione Cacciatori Toscani, che però non manca di far notare alcune contraddizioni.
Anzitutto rispetto a quella che è sempre stata la mission della Libera Caccia “Libera caccia in libero territorio”. “Un approccio che – scrive CCT - si è articolato nel tempo in posizioni fortemente critiche nei confronti di una normativa che l’Arci Caccia avrebbe voluto ancora più cogente nel legare il cacciatore al territorio”.
Altra apparente contraddizione: la piena attuazione della legge Obbiettivo per la CCT mal si sposa con le tante assemblee, per molte delle quali la Libera Caccia ha rivendicato la paternità, che hanno preso di mira proprio quella legge. Legge che, evidenzia la Confederazione, resta per altro uno dei punti di maggiore criticità e di contenzioso con la Regione Toscana da parte della CCT. Questo passaggio secondo CCT richiede qualche spiegazione.
“Il patto tra Arci Caccia e Libera Caccia toscane (con la benedizione dei rispettivi gruppi dirigenti nazionali, della CIA e della Regione) dà una spiegazione politica vera della fuoriuscita dell’Arci Caccia dalla CCT e dalla Fenaveri, dettata dal desiderio di dar vita ad un polo alternativo ai processi unitari già in corso sul piano nazionale e regionale. La CCT resta convinta che l’ineludibile obiettivo dell’unità del mondo venatorio debba compiersi seguendo logiche inclusive e capaci di far sintesi organica delle diverse storie. Ecco perché i firmatari del protocollo sono attesi adesso alla prova dei fatti. Con interesse vero, senza demagogia”.