Su Silvae.it (rivista tecnico scientifica ambientale dell'arma dei Carabinieri) è pubblicata una recente ricerca dal titolo “Sostenibilità del prelievo venatorio ed utilizzo a scopo alimentare degli animali abbattuti" di Francesco Riga, dell'Ispra.
Vi si legge: “Una figura importante per la gestione delle carni della selvaggina potrebbe essere il cacciatore formato, in grado di valutare il comportamento degli animali prima dell’abbattimento e di compiere analisi post-mortem. Il suo ruolo renderebbe più veloci i controlli sanitari e più facile la realizzazione di una filiera efficiente per le carni derivanti dall’attività venatoria".
Nell'articolo si fa presente che il consumo delle carni di selvaggina in Italia è in costante incremento, soprattutto grazie al prelievo degli ungulati (cinghiale, cervo, capriolo), caratterizzati da una biomassa molto maggiore rispetto a quella di uccelli, lepri e conigli. "Nonostante una diminuzione del numero dei cacciatori nel territorio nazionale - si legge - , l’attività venatoria è ancora un’attività importante che potrebbe avere un forte impatto su alcune specie selvatiche e, al tempo stesso, costituire una fonte di carni alternative per il consumo umano. Di conseguenza, è necessario adottare un tipo di prelievo in grado di consentire comunque la conservazione delle specie cacciabili (sia stanziali, sia migratorie), sia prevedere misure in grado di assicurare la massima sicurezza alimentare per le carni da selvaggina. In merito a quest’ultimo punto, il recepimento dei regolamenti comunitari a livello regionale e locale è di massima importanza per la definizione delle modalità con cui utilizzare le carni di specie selvatiche nel rispetto delle norme sanitarie. Un ruolo importante deve essere svolto dal cacciatore formato in materie di igiene e sanità che, grazie alle competenze acquisite, potrà effettuare le analisi preliminari dei capi abbattuti e costituire l’anello di base per il monitoraggio sanitario della fauna selvatica".
Secondo Riga questo consentirà di realizzare una filiera delle carni della selvaggina. "In questo contesto è quindi importante il rispetto delle normative comunitarie e nazionali, l’attivazione di una rete di centri di sosta e raccolta locali delle carni e la formazione diffusa dei cacciatori in materie igienico sanitarie. Altro aspetto importante è costituito dall’uso di munizioni atossiche, al fine di garantire carni certificate prive di contaminazione da piombo (lead free), che avrebbero un valore aggiunto. Infine, dovrebbe essere intensificato il contrasto al commercio “in nero” della carne di selvaggina, al fine di garantire una maggiore sicurezza alimentare e, indirettamente, una diminuzione del bracconaggio".