Con ordinanza pubblicata il 23 novembre scorso, il Tar del Piemonte, come anticipato, ha sollevato la questione di incostituzionalità della legge regionale del Piemonte nella quale si dispongono divieti per specie cacciabili rispetto alla legge nazionale (157/92).
Lo ha fatto ritenendo rilevante e non manifestatamente infondata la questione di costituzionalità sui divieti di caccia a pernice bianca, allodola, lepre variabile, fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, moretta e combattente; oltre che sui periodi di caccia ristretti per tortora, quaglia, beccaccia, cesena, tordo bottaccio, tordo sassello e cervo; e sui carnieri delle specie tortora, quaglia e beccaccia.
Secondo il Tar queste limitazioni e divieti violano gli articoli 102 (separazione dei poteri) e 117 (competenze dello Stato in materia ambientale) della Costituzione. Il Tar in sostanza rileva un contrasto con i principi del diritto europeo in materia di tutela dell’ambiente e con l’obbligo di adeguata istruttoria e motivazione che si impone, anche al legislatore regionale, nell’adozione di misure di maggior tutela della fauna.
“Le disposizioni con le quali la Regione Piemonte ha vietato, a partire dall’anno 2016, la caccia alla pernice bianca, all’allodola, alla lepre variabile ed a numerose specie di anatidi, poi pedissequamente recepite nel calendario venatorio – scrive il Tar - , sono state approvate senza un’adeguata istruttoria tecnico-scientifica e senza richiedere il parere dell’Ispra. L’istruttoria è imposta, oltre che dai canoni di ragionevolezza e non discriminazione, anche dalla disciplina comunitaria”.
Istruttoria che deve poter includere anche altri organi scientifici oltre a Ispra. Il Tar lo precisa dove spiega che “ogni decisione normativa o amministrativa deve essere preceduta da una seria ed accurata attività istruttoria, con il coinvolgimento di organismi indipendenti e riconosciuti dalla comunità scientifica”. Un pronunciamento importantissimo quest'ultimo, che sicuramente andrà a beneficio anche delle prossime battaglie legali delle associazioni venatorie.
La Regione Piemonte avrebbe abusato del suo potere legislativo. Secondo il trattato europeo, infatti, gli Stati membri possono incrementare il livello di tutela ambientale previsto dalle norme comunitarie – spiegano i giudici - , a condizione che le misure più restrittive siano non discriminatorie, adeguatamente motivate e supportate da dati scientifici ulteriori e documentati.
Ora quindi sarà la Corte a decidere se le limitazioni inserite nella legge regionale che hanno ingiustamente penalizzato i cacciatori piemontesi violano o meno la Costituzione. Qualora il giudizio della Corte sarà positivo per il mondo venatorio, potrebbero esserci i presupposti per una class action per i danni subiti dai cacciatori piemontesi? Staremo a vedere.