Protestano i cacciatori ticinesi per una serie di cinque puntate andata in onda sulla rete La 1 dell'emittente RSI dal titolo “Il Guardiacaccia”, ambientata interamente nella Svizzera italiana.
"Dopo aver seguito – non senza una certa fatica - tutti e cinque gli episodi mi vedo costretto, a nome dei cacciatori ticinesi (e non solo), ad esprimere tutta la nostra delusione, rabbia e indignazione per come è stato affrontato il tema della caccia” scrive il presidente della Federazione cacciatori Ticinesi, Fabio Regazzi in una lettera al direttore di rete.
“Tralasciando - prosegue la missiva - l’interpretazione dei vari personaggi presenti in questa serie (che definire inconsistente è un eufemismo) e alcune pacchiane imprecisioni emerse, ad essere inaccettabile è soprattutto il fil rouge dei cinque episodi in cui la caccia viene sistematicamente associata al bracconaggio, il tutto inserito nel solito banalissimo schema dei buoni contro i cattivi, o delle guardie e ladri da serie TV americana (d’altra parte non c’è da sorprendersi, visto che il protagonista a cui si ispira la serie è un ex guardiacaccia, noto per i suoi metodi piuttosto spicci e l’atteggiamento spesso inquisitorio nei confronti della categoria di cacciatori)".
"La caccia è un fenomeno molto complesso - puntualizza Regazzi -, una passione dalle radici profonde che suscita reazioni molto emozionali sia in chi la pratica che nel resto della popolazione. Realizzare una fiction in cui vengono proposti solo episodi deplorevoli e condannabili con protagonisti dei cacciatori non poteva, a meno di essere degli sprovveduti o peggio ancora in mala fede, che provocare una levata di scudi da parte di chi, e sono la stragrande maggioranza, pratica la caccia in modo corretto, nel pieno rispetto delle leggi e delle regole dell’etica venatoria".
“Ma l’aspetto ben più grave - tuona ancora Regazzi nella lettera a Canetta - è quello dell’immagine che è stata fatta passare nel pubblico: accomunando i bracconieri ai cacciatori (definiti nel 4° episodio come “squali accecati dal sangue”) e lasciando intendere che quest’ultimi sono da considerare alla stregua di criminali disposti a tutto per abbattere una preda, persino dediti all’alcol, capaci di sparare anche a un guardiacaccia o addirittura di uccidere una ragazza inerme (e in questo caso, visto che al peggio non c’è limite, è stato davvero toccato il fondo). Per il telespettatore che ha avuto il coraggio e la pazienza di guardare tutte le puntate, alla fine risultava in effetti difficile fare una distinzione fra un cacciatore e un bracconiere”.
“Questo, ci dispiace doverlo sottolineare, non è buon servizio pubblico e nemmeno un impiego oculato delle risorse generate dal canone radio-TV, che per altro anche i cacciatori contribuiscono a finanziare. Il danno purtroppo è fatto e di questo riteniamo ovviamente responsabile la RSI contro la quale valuteremo la possibilità di adire le vie legali, a tutela dell’immagine e della dignità dei cacciatori ticinesi. Da parte nostra il minimo che in ogni caso pretendiamo sono delle scuse ufficiali all’indirizzo di chi pratica la caccia in modo leale e corretto, ma soprattutto con tanta passione”.
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