Come si apprende da una nota ufficiale del Consiglio regionale del Piemonte, il disegno di legge della Giunta regionale in materia di caccia è stato licenziato a maggioranza dalla terza Commissione regionale.
"Il provvedimento - si legge nel comunicato - , che verrà inviato all’Aula affinché diventi legge, riforma la legislazione in materia faunistico-venatoria in chiave nuova e moderna, in sintonia con i cambiamenti nazionali ed europei e in maniera tale da recepire le esigenze e le sollecitazioni delle associazioni di settore".
Purtroppo rimangono alcune forti limitazioni chieste da quelle animaliste. "Tra le principali novità - continua infatti la nota - la tutela per le specie della tipica fauna alpina e gli uccelli tutelati dalla direttiva comunitaria, l’aumento della superficie venatoria minima degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, l’obbligo di una prova di tiro per la caccia di selezione, il riconoscimento della possibilità di commercializzare gli animali abbattuti".
Per il Pd si è finalmente concluso il percorso per poter giungere ad una legge molto attesa ed equilibrata. Secondo Scelta civica siamo di fronte a una riforma che accresce la trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche utilizzate a favore degli ambiti territoriali di caccia (Atc) e dei comprensori alpini (Ca).
Nonostante le limitazioni sulle specie cacciabili, il Movimento 5 Stelle non si dichiara soddisfatto. Secondo i consiglieri M5s è stato disatteso, nel testo, l’intendimento dichiarato di ridurre il più possibile l’attività venatoria, mentre per l’esponente del Msn “c’è un’evidente anomalia, perché siamo davanti ad una legge regionale che interferisce nella legislazione nazionale, visto che un recente pronunciamento del Tar ha addirittura parlato di incostituzionalità per quanto riguarda l’elenco delle specie cacciabili”.
Proprio su questo punto interviene una nota de Il Nuovo cacciatore Piemontese, secondo cui "il Ddl contiene norme che potrebbero essere presto spazzate dalla Corte Costituzionale". "Giova qui ricordare - continua la nota - come la Corte Costituzionale si sia più volte espressa sulla questione (sentenza n.20/2012 relativa a Regione Abruzzo), sancendo il principio che stabilire per legge le "specie cacciabili" sia competenza esclusiva dello Stato, e non delle Regioni che possono intervenire, motivandolo, solo con un provvedimento amministrativo come il calendario venatorio, facilmente impugnabile di fronte TAR". Inoltre, vista la fitta agenda dei lavori della Regione, difficilmente la discussione in Consiglio avverrà in tempi brevi.