Arriva in Commissione Agricoltura la proposta di legge varata dalla Giunta regionale toscana che introduce il divieto di foraggiamento dei cinghiali su tutto il territorio regionale e nuove regole sull'abbattimento della selvaggina d'allevamento nelle ZAC, aree per l'allenamento, l'addestramento e gare per cani.
Ora prenderanno il via le necessarie consultazioni e la discussione in aula, dopodichè si passerà al voto e quindi all'approvazione. La proposta, in merito al contenimento dell'eccessiva proliferazione dei cinghiali, è la prima risposta del nuovo approccio rispetto alla gestione faunistico – venatoria, che, come ipotizzato dalla Conferenza Regionale sulla Caccia di Arezzo, deve saper rispondere alle emergenze in modo mirato e responsabile.
“Quanto all’attività venatoria nelle aree per l’addestramento dei cani – si legge sul sito della regione Toscana -, consentito anche su fauna selvatica naturale, è prevista una più precisa regolamentazione: l’attività sarà permessa tutto l’anno, sono specificate la tipologia del territorio e l’estensione (non più di 50 ettari), le specie di fauna selvatica di allevamento utilizzabili (quaglie, fagiani, starne, pernici rosse), nonché le modalità di identificazione da usare per la selvaggina d’allevamento”.
Obiezioni di incostituzionalità sono state sollevate dall'ufficio legislativo del Consiglio regionale rispetto ai periodi di caccia e sulle specie oggetto di attività venatoria, che secondo il consigliere Nicola Danti del Pd devono essere prese in considerazione senza dimenticare però che “in questo momento – ha dichiarato Danti- prevale l’obbligo politico di dare una risposta ad un settore produttivo che pur contenuto nelle dimensioni, dà occupazione e crea reddito: al momento è bloccato e rischia la chiusura”.
Questo disegno di legge ha praticamente trovato l'accordo di tutti gli schieramenti, che hanno già avanzato emendamenti e ulteriori proposte. La consigliera Angela Notaro (An-Pdl): ha chiesto ammende più elevate e maggiormente dissuasive per il foraggiamento e l'istituzione di aree coltivate all'interno delle aree protette per evitare che i cinghiali vadano a cercare altrove del cibo. Aldo Manetti (Prc) ha sottolineato la necessità di completare l'iter in tempi brevi ed ha ribadito “la convinzione che singoli provvedimenti legati all’attività venatoria non saranno sufficienti e che sia necessaria una risposta complessa frutto di azioni congiunte.