Interamente dedicato alla riforma della caccia il dibattito dell'ultima seduta del Consiglio regionale del Piemonte, martedì 24 aprile. E' infatti proseguito l’esame del disegno di legge della Giunta che intende ridisegnare l’attività venatoria sul suolo regionale, purtroppo in chiave restrittiva rispetto a tutte le altre regioni d'Italia.
Si è parlato molto di escludere la domenica dalle giornate di caccia, previsione contenuta sia nel progetto della Giunta che in quello del Movimento 5 Stelle, che per la cronaca, vorrebbe fare molto di più che eliminare 15 specie dall'elenco di quelle cacciabili (come propone l'assessore Ferrero), cendedendo il prelievo a solo tre specie: fagiano, lepre e cinghiale.
Il provvedimento proposto dalla Giunta regionale prevede la massima tutela per 15 specie (fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione, allodola, merlo, pernice bianca, lepre variabile), completamente escluse dal calendario, l’aumento della superficie venatoria minima degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini, l’obbligo di una prova di tiro per la caccia di selezione, il riconoscimento della possibilità di commercializzare gli animali abbattuti.
A favore Pd e Art1. Per Paolo Allemano (Pd) l’approccio “favorevoli e contrari” alla caccia è sbagliato, la politica deve mediare, mentre Silvana Accossato (Art. 1) ha sottolineato come guardando alla gestione partecipata della caccia (dagli Atc e Ca, al mondo agricolo) in passato ci siano stati abusi e vari tentativi del mondo venatorio di occupare tutti gli spazi, per cui con questa legge si pongono delle regole chiare. Secondo Marco Grimaldi (Sel) in questi anni il Piemonte ha scontato il vuoto normativo e la mancanza di un piano venatorio. È stato giusto arrivare a questa legge, anche se avrebbero potuto essere ridotte ancor di più le specie cacciabili e il calendario, proibendo la pratica la domenica. Così Alfredo Monaco (Scelta Civica): “Sull’attività venatoria la politica deve avere una particolare attenzione per i ruoli che essa esercita: sociale, ambientalista ed economico. Migliorare le leggi non deve essere fatto in modo partigiano, ma nell’interesse della collettività. Questa legge migliora altresì la governance dell’utilizzo dei fondi pubblici”.
Il fronte dei contrari si apre con Gianluca Vignale (Gruppo Misto): “Si vuol fare del Piemonte l’unica Regione d’Italia ad avere un numero maggiore di limitazioni rispetto alla legge nazionale, quindi violandola. Se guardiamo alle liste delle specie non cacciabili, siamo davanti ad una legge incostituzionale, proprio perché è lo Stato che deve decidere in tale materia”. Per Francesco Graglia (Fi) “il punto centrale è che questo Ddl è caratterizzato anche da una chiara pregiudiziale anticaccia”, mentre Angelo Bona (sempre di Fi) ha elencato i nodi critici.
Roberto Ravello (Fdi) ha sollecitato un approccio non ideologico, ma derivante da una cultura antropocentrica: “l’uomo è infatti colui che più di ogni altra specie, ha gli strumenti per fare male, ma anche bene in favore dell’ambiente. Non si deve poi avere paura nel sottolineare gli aspetti economici della caccia. La maggioranza ha perso l’occasione di ergersi a strumento di equilibrio”.
Tutti i consiglieri del M5s sono intervenuti per ribadire la loro contrarietà non solo al Ddl, ma all’intera attività venatoria. Per Paolo Mighetti la legge nazionale è superata, visto che nel 1992 la situazione era completamente diversa, con un mondo della caccia e della fauna selvatica diverso. Francesca Frediani: “L’intento sarebbe quello di poter abolire la caccia, non potendolo fare, il nostro scopo è quello di poter porre più vincoli possibili”. Mauro Campo: “Dal 1992 ad oggi abbiamo consumato il territorio, danneggiando l’ambiente. Qual è l’elemento debole: la fauna selvatica o l’uomo? Dobbiamo smetterla con il concetto di sparare per sport e ricreazione”. Sono intervenuti anche Bertola, Davide Bono, Gianpaolo Andrissi e Federico Valetti.
Nel pomeriggio è poi iniziato l’esame degli emendamenti.
L’Aula dovrà anche esprimersi sulle due proposte di legge presentate dai Gruppi di opposizione, sui quali la terza Commissione ha espresso parere contrario.
L’intendimento di Bertola è quello di ridurre il più possibile l’attività venatoria, limitandola solamente al cinghiale (5 capi annui), alla lepre comune (2 capi annui) e al fagiano (3 capi annui) esclusivamente nelle giornate di mercoledì e sabato, e recepire proprio quei quesiti referendari ai quali non fu possibile dare risposta per la mancata effettuazione della consultazione per via dell’abrogazione della legge regionale allora vigente.
Il testo proposto da Vignale, partendo dal quesito se sia meglio una nuova legge che limiti ancora l’attività venatoria all’interno della nostra regione o piuttosto tenerci la cosiddetta leggina esistente, mira a consentire al Piemonte di avere diritti venatori paragonabili a quelli di altre Regioni italiane.