E' appena uscito l'ultimo rapporto Birlife sullo stato globale degli uccelli. Dallo studio, dettagliatissimo, emerge che il 40% delle specie che solcano i cieli della terra, risulta essere in declino. Il 74% delle 1469 specie minacciate (3967 quelle a rischio, su 11mila) lo è a causa dell'agricoltura intensiva e per l'uso di pesticidi. Numeri che confermano gli studi precedenti (vedi anche recente ricerca francese) e le tendenze fotografate ormai da decenni.
L'espansione dell'agricoltura e la distruzione degli habitat è una delle cause più influenti dell'impoverimento della biodiversità alata e arriva ad incidere in maniera determinante sul declino a causa soprattutto dell'uso di sostanze chimiche. Le zone dedicate all'agricoltura sono infatti cresciute di sei volte in 300 anni, arrivando a coprire il 38% delle terre emerse. Colpa in particolare delle piantagioni di caffè, cacao, zucchero, palma e soia.
Numeri che confermano anche che l'attività venatoria incide in maniera minima su questo generale impoverimento. E quando incide, nel mondo, è perché la caccia (considerata infatti insieme al bracconaggio) non rispetta criteri di sostenibilità ambientale – come sappiamo non è il caso dell'Italia, che dedica precisi programmi di protezione, con contingenti di prelievo commisurati alle specie considerate a rischio. Caso limite è quello della tortora europea (unica cacciabile in Italia, anche se il problema è globale), secondo il rapporto ormai vulnerabile, a causa soprattutto della scomparsa del suo habitat.
Non a caso tra le azioni proposte da Birdlife si parla di controllare e ridurre il bracconaggio (in particolare nel sud-est asiatico). Dopo i danni dell'agricoltura i fattori più incisivi sono la presenza di specie invasive (soprattutto topi e altri roditori, gatti e cani), caccia e bracconaggio appunto, e i cambiamenti climatici. Altre azioni suggerite sono il controllo della diffusione delle specie invasive, l'educazione ad una maggiore sensibilità ambientale e ultima ma non meno importante quella di rafforzare la capacità delle organizzazioni della società civile di intraprendere queste azioni.
In sostanza - si potrebbe dire, affinchè anche le nostre serafiche associazioni ambientaliste potessero finalmente intendere - applicare alla società e all'ambiente quei principi che i cacciatori italiani ed europei hanno fatto propri da tempo immemore.