Riceviamo e pubblichiamo:
Continuiamo ad assistere ad iniziative per promuovere l’istituzione di un nuovo, l’ennesimo, Parco Interregionale, quello del Catria, del Nerone e dell’Alpe della Luna. Le federazioni regionali Federcaccia di Marche ed Umbria ritengono utile intervenire nel dibattito che si è aperto avanzando alcune considerazioni in merito a questa ipotesi.
Inutile nascondere che riteniamo che la tutela della biodiversità, obbiettivo che per primi come cacciatori abbiamo a cuore, possa essere fatta senza ricorrere al complesso sistema di vincoli, che peraltro sono già presenti (Oasi, ZPS, ecc..) che comporta l’istituzione di un Parco per tutti coloro che vi abitano e per le attività di qualsiasi tipo, anche economiche, che ricadono al suo interno, tenuto conto anche dell’ampiezza prevista, che andrebbe a interessare una porzione vastissima di territorio. Di solito, per esempio, non si considerano i vincoli urbanistici che scattano anche per le manutenzioni delle costruzioni esistenti.
Ci preme sottolineare in particolare come peraltro ancora oggi l’area in questione abbia mantenuto intatta tutta la sua bellezza proprio grazie a coloro che vi risiedono e vivono la quotidianità nel rispetto delle tradizioni e di un attento e sostenibile uso, anche produttivo, delle risorse naturali del territorio senza che si fosse sentito il bisogno di ricorrere a strumenti di particolare protezione o regolamentazione delle diverse attività quali quelli che un Parco prevede.
E non può fungere da “specchietto per le allodole” il prospettare chissà quanti milioni di euro di investimenti dovrebbe portare il Parco: troppe esperienze dimostrano l’esatto contrario, carenza di fondi per gestire, squilibri faunistici a favore delle specie opportuniste e più dannose per le produzioni agricole e la biodiversità, la realizzazione di piani di gestione farciti di vincoli e divieti e scarsissima gestione.
Ci sembra che l’istituzione di quanto ipotizzato altro non sia che l’ennesimo intervento calato dall’alto sulla testa dei cittadini residenti senza prendere in debita considerazione né le loro esigenze o necessità, né tantomeno le esigenze di tutela della flora e della fauna locale che gli abitanti della zona hanno dimostrato fino ad oggi di saper ben tutelare e conservare proprio perché le sentono come “proprie” e come tali le difendono.
Non è infatti con una visione basata su divieti e vincoli, ormai superata al punto che a livello nazionale forte è avvertita fra molti esperti e tecnici l’esigenza di modificare la legge 394 che li norma, che si può pensare di far nascere e trasmettere nei cittadini l’interesse a tutelare territorio, ambiente e fauna.
Per quanto riguarda il mondo venatorio, crediamo di aver dimostrato più volte la nostra disponibilità ad accettare regole e limitazioni se dettate dalla reale necessità di tutela e protezione di un habitat o di una specie selvatica, ma crediamo anche che provvedimenti quale quello in ipotesi con tutte le conseguenze che questo comporta (vedasi l’incremento dei danni alle coltivazioni agricole causati dagli ungulati), richiedano un maggior coinvolgimento da parte degli abitanti locali e che non possano essere presi dietro la spinta di poche persone, per quanto vogliamo pensare in buona fede e spinte da buoni propositi.
Riteniamo quindi opportuno che le Regioni Marche ed Umbria, i Sindaci interessati, coinvolgano direttamente le popolazioni residenti nella zona ipoteticamente destinata a divenire Parco, affinché queste possano esprimere il loro parere su una iniziativa che comporta ricadute di non poco conto sulla loro quotidianità e sul loro futuro.