Quando sei all'estero e vedi i consumatori a Londra, a Parigi o a New York che affollano i negozi con i nostri prodotti, provi un certo orgoglio nel vedere il trionfo del Made in Italy, ma mai vai con il pensiero a quanta fatica viene dal lavoro nei nostri campi e nelle nostre vigne. L'agricoltura è un immenso e variegato comparto dove è compreso anche il mondo della caccia con le sue innumerevoli implicazioni che traggono dalla ruralità delle nostre Regioni i migliori risultati possibili. È in questo contesto storico e pratico che non è più possibile che le problematiche della caccia vengano amministrate, a livello centrale, dal Ministero dell'Ambiente invece di quello dell'Agricoltura, da sempre sua base naturale, fino a quando con un “colpo di spugna” viene tutto trasferito al Minambiente, come se questa particolare materia poteva essere trattata, senza alcuna conflittualità, con la tutela del mare o del territorio.
La caccia deve ritornare nel suo alveo naturale con l'agricoltura moderna, europea dove il prelievo venatorio coordinato, programmato e controllato trova la sua sintesi migliore sia per una coordinata organizzazione del paesaggio rurale, di ogni attività sul territorio, del buon food che la carne di selvaggina può offrire per una sana e, talvolta, prelibata cena anche in compagnia, allietata da un buon bicchiere di vino che la nostra produzione, sempre più di eccellenza, ci offre. Insomma, dobbiamo riconoscere all'agricoltura il valore che produce, perché ha un ruolo sempre rilevante. I possibili distinguo tra caccia e ambiente potranno essere esaminati e risolti al tavolo tecnico presso la Presidenza del Consiglio perché inevitabilmente ci possono essere, ma non si può arrivare a decisioni che vengono viste sempre e solo con la lente dell'ambiente per non finire ad essere snaturate e poco credibili ed attendibili. Invero, tuttora, vi è una arlecchinata di provvedimenti anche regionali, mal governati e guidati da questa assurda e anomala situazione. E, anche, il mondo dell'economia ne soffre e il commercio non trova quella serenità di azione per il suo regolare “vivere operativo” di cui tutti noi abbiamo bisogno perché il nostro Paese non ha più bisogno di “lotte intestine” con provvedimenti privi di ogni riferimento tecnico, dove chi ha il cappello in testa con la scritta “manovratore” può fare quello che vuole seguendo il suo personale “credo” di pensiero, difficilmente accettabile dalla gente di buon senso. Attenzione, dunque, a questo modo di operare perché il populismo può, alla lunga, essere nocivo non solo a sé medesimo, ma a tutta quella libertà di pensiero che è stata l'elemento fondante della nostra democrazia e dei nostri padri costituenti, tuttora saggi pensatori di una libertà di azione, consapevole, responsabile del suo ruolo operativo.
AnuuMigratoristi