In virtù della delibera approvata dal consiglio regionale umbro che il 23 marzo scorso ha deciso per l'abbbattimento di 6400 cinghiali sul territorio regionale entro maggio, la settoriale cinghialisti di Federcaccia dell'Umbria ha chiesto che venga fatta maggior chiarezza sulle operazioni decise e sui numeri dell'emergenza.
I cinghialisti sottolineano la necessità di una migliore organizzazione e nel dettaglio chiedono un maggior coinvolgimento delle squadre cinghialiste negli accordi da sottoscrivere con agricoltori ed enti locali, esclusività di azione per le squadre assegnatarie nei territori oggetto dei prelievi e coinvolgimento comunque di tutti i cacciatori nella gestione, partendo comunque dall'esperienza e dall'operatività delle squadre, in funzione dei tipi di intervento più idonei da attuare in ogni circostanza.
Fidc, che aveva già espresso forti perplessità in merito al provvedimento, critica la gestione faunistica della Regione denunciando in particolar modo la mancanza dei fondi necessari agli indennizzi per i danni causati dai cinghiali (in virtù dei quali lo scorso anno è stata appositamente aumentata la tassa regionale).
I cinghialai Fidc attribuiscono alla gestione regionale la responsabilità di non aver agito prevenendo questa situazione: "Mancano ancora i piani di gestione dei distretti - si legge in una nota dell'associazione settoriale -, per fare programmi e progetti. Nel frattempo, ci chiediamo chi è che controlla e verifica la gestione all'interno del territorio non vocato, in quello interdetto alla caccia programmata, (parchi, oasi, zrc ecc.) e negli soprattutto gli ambiti privati (Aziende Faunistiche, Aziende Agrituristico-venatorie, centri di produzione selvaggina non recintati, ecc)".
Sul numero dei cinghiali da abbattere: "Sono cifre enormi. Senza nulla togliere alla loro veridicità, la settoriale cinghialisti di Federcaccia Umbra chiede di essere messa a conoscenza di come nascano questi numeri, perché si nutrono forti perplessità nel merito. E' del tutto evidente che tali interventi, in questo periodo, sono da considerare eticamente deprecabili, vista la presenza sul territorio dei piccoli che via via stanno nascendo non solo di cinghiale, ma di tutte le specie faunistiche".