In risposta alle posizioni anticaccia del geologo Mario Tozzi, di cui abbiamo parlato ampiamente venerdì scorso, il sito greenreport pubblica un articolo di Luca Baima che analizza in modo ineccepibile il rapporto che esiste tra il crescente dominio delle posizioni anticaccia ed il predominio della società industriale a discapito delle tradizioni e della vita agricola.
"Chi non ha mai provato altro che la vita delle grigie e fumose città - scrive - con auto in coda e supermercati straboccanti (che puntualmente abbandona la domenica per andare ad inquinare altrove) non immagina nemmeno che ancora esiste un mondo antico fatto di cose semplici, di tradizioni, di buona cucina con ingredienti genuini, di fatica e sudore, di conoscenza dei luoghi e dei cicli di vita delle piante e degli animali ed è del tutto logico che si intenerisca per le sorti di un capriolo o di un leprotto ma che poi si dimentichi della vita-non-vita dei polli di batteria o delle sevizie usate nel trasporto delle vacche da macello che puntualmente finiscono nei loro piatti. Occhio non vede cuore non duole".
L'autore dell'articolo, che di sé dice “sono più le volte che esco armato di macchina fotografica piuttosto che del fucile ma a quest’ultimo, fintanto che avrò voce, non ci rinuncerò mai perché – scrive - la caccia (piaccia o non piaccia) fa parte integrante del mondo di cui sopra. Magnifico e severo al tempo stesso".
E ancora centra perfettamente il punto della questione quando dice."chi colpisce la caccia colpisce un mondo che lungo i sentieri ed i viottoli abbandonati e nelle borgate diroccate e silenziose sta combattendo per non soccombere definitivamente". Insomma “non è questione di caccia o non caccia ma di eterna lotta tra città e campagna, tra società industriale ed agricola”