Il tecnico faunistico Francesco Santilli commenta per BigHunter.it il recente studio che ha messo in relazione la caccia al cinghiale e la consistenza della popolazione di ungulati svelando la strumentalizzazione dei risultati da parte di alcuni.
Recentemente sul blog “Inchieste” di Maria Trozzi è apparso un articolo dal titolo “Cinghiali: la caccia ne provoca l’aumento. É confermato da uno Studio Europeo” Lo studio in questione è “Massei, G., Kindberg, J., Licoppe, A., Gačić, D., Šprem, N., Kamler, J., ... & Cellina, S. (2015). Wild boar populations up, numbers of hunters down? A review of trends and implications for Europe. Pest Management Science, 71(4), 492-500”.
Si tratta di una analisi dell’andamento dei carnieri e del numero di cacciatori in vari paese europei fra cui anche l’Italia. Ma che cosa dice in realtà l’articolo? Traduco letteralmente dall’abstract (riassunto)
“I risultati confermano che il cinghiale è aumentato in maniera consistente in Europa, mentre il numero di cacciatori è rimasto stabile o è diminuito in molti paesi. Concludiamo che la caccia ricreazionale è insufficiente per contenere la crescita delle popolazioni e che l’impatto relativo della caccia sulla mortalità del cinghiale è diminuita. Altri fattori come gli inverni miti, la riforestazione, intensificazione agricola, il foraggiamento supplementare e la risposta compensatoria del cinghiale alla pressione venatoria potrebbero spiegare la crescita delle popolazioni”.
Come si può vedere il contenuto dello studio è ben diverso da quanto sostenuto nell’articolo della Tozzi. La ricerca si limita ad affermare che attualmente l’attività venatoria non sembra sufficiente a contenere l’aumento della specie. Fra le varie possibili spiegazioni di questo fenomeno vi è anche il tipo di caccia che tende a destrutturare le popolazioni provocando un aumento compensativo delle perdite. Si tratta quindi solo di una delle tante variabili in gioco la cui reale importanza non è affatto chiara. Va inoltre precisato che lo studio fa una disamina molto generale del problema cinghiale a livello europeo, ma non entra e non può entrare nelle varie situazioni locali che sono molto diverse da paese a paese e anche all’interno delle stesse nazioni.
L’articolo in questione è il classico esempio di un uso scorretto e parziale dei dati scientifici per fini chiaramente ideologici.
Francesco Santilli