“Istituire il reato di omicidio venatorio”. La Brambilla ripete questo mantra in tutte le reti tv, mediaset in particolare, dove è ospitata in questi giorni. Come se davvero etichettare un omicidio con il termine venatorio possa fare una qualche differenza in un processo penale, che prevede, ovviamente, un'attenta valutazione di tutti gli elementi di indagine. A prescindere dal contesto in cui avvenga un incidente (o un omicidio), ci sono già gli opportuni strumenti legislativi per giugere a verdetti commisurati al reato commesso. Il problema degli incidenti a caccia non può certamente essere sottovalutato e impone una profonda riflessione in tutti noi e nelle nostre associazioni di riferimento. La perdita di una vita e il dolore che lascia dietro di sé, di contro, non possono essere strumentalizzate in questo modo.
La sovraesposizione dell'ex Ministro su questo tema è, di fatto, pura propaganda anticaccia, che serve alla Brambilla a farsi ospitare in tv per parlare di quanto siano brutti e cattivi i cacciatori, facendoli passare tutti per delinquenti, e a nascondere le magagne sue: prima parlamentare in Italia per assenteismo con una sola presenza in sette mesi di legislatura, nonchè protagonista, insieme al padre Vittorio, delle cronache giudiziarie lecchesi per il crack delle Trafilerie Brambilla.
L'ndustria, attiva dagli anni '40 è fallita nel 2014 con 55 milioni di euro di passivo e 70 operai licenziati. Tra i sette indagati (i membri del Consiglio di amministrazione), come si legge su LeccoNews, c'è anche l'ex Ministro, amministratrice di fatto, dell'azienda. L'accusa che resta in piedi, dopo il ristoro all'erario di 6 milioni di euro per il mancato versamento dell'Iva, è il crack fraudolento con la presunta presentazione di false fatturazioni per ottenere credito dalle banche.
La richiesta di danni delle parti offese ammonta a 27 milioni di euro. L'udienza di fine 2017, leggiamo su La Provincia di Lecco, era stata rimandata per legittimo impedimento, dato che la Brambilla aveva appena partorito. Nell'ultima udienza, di ottobre 2018, l'Amministratore delegato Alessandro Valsecchi ed il liquidatore della società, il cognato dell'ex Ministra, Nicola Vaccani, hanno ammesso i reati a loro iscritti e andranno al patteggiamento. Le posizioni degli altri imputati, tra cui quella della Brambilla, si conosceranno solo alla prossima udienza, fissata per il 29 gennaio.
Citando il titolo di un famoso e film con Paolo Villaggio "Io speriamo che me la cavo", auguriamoci che la Brambilla riesca a dimostrare la sua innocenza e ad imparare finalmente a rispettare chi la pensa diversamente da lei ed ha la fedina penale pulita, avendo ottenuto regolare permesso di esercitare la caccia.