In Umbria secondo Confagricoltura, a fronte di 130/ 150 mila cinghiali stimati ne vengono abbattuti 21 mila l'anno, di cui un migliaio nell’ambito delle azioni di contenimento organizzate dagli Atc e gli altri 20 mila nel corso delle battute di caccia durante la stagione venatoria.
“E’ evidente lo squilibrio che si genera – sostiene il Presidente di Confagricoltura Umbria Fabio Rossi – con danni in continuo aumento, che, nel 2017, si sono attestati sui 700mila euro, ma che sono certamente sottostimati. La cifra potrebbe quasi raddoppiare, se consideriamo oltre ai danni alle colture, quelli alle attività di trasformazione, commercializzazione e alienazione dei prodotti agricoli; quelli provocati dalla fauna selvatica agli argini dei fossi, ai corsi d’acqua, ai fiumi e laghi e al regime delle acque in genere, che non vengono risarciti“.
“Questo incremento dei danni – ha concluso Rossi – è la testimonianza più evidente del mancato adempimento da parte della Regione agli obblighi di contenimento previsti dalla legge. A cui, dall’altro, lato, non corrisponde neanche un adeguato indennizzo per gli agricoltori, con il rischio che essi abbandonino, prima o poi, le aree più marginali, con gravi conseguenze dal punto di vista idrogeologico e ambientale. Auspichiamo, dunque, una rigorosa applicazione della norma che ottemperi le esigenze di tutti gli attori coinvolti”.
Proprio l’incremento dei risarcimenti per i danni provocati dai cinghiali è alla base dell’aumento della quota a cario dei cacciatori decisi dagli Atc del Perugino e del Ternano (mentre nella zona di Foligno, Spoleto e Valnerina i conti sono risultati in ordine). Aumenti decisi dagli stessi Atc, ma con alcune associazioni venatorie che hanno chiesto alla Regione di incrementare il contributo pubblico.