Il Consiglio di Stato ha confermato la sua precedente decisione sul ricorso degli animalisti (Enpa, Lav, Wwf, Lac) contro la caccia nelle aree esterne al Pnalm a protezione dell'orso marsicano e respinto la nuova linea difensiva presentata dalla Regione e dalle associazioni venatorie Eps, Fidc e Anlc.
Riunitosi in seduta collegiale il 13 dicembre, i giudici hanno deciso dunque per la riforma dell'ordinanza del Tar del Lazio che aveva riaperto la caccia nell'area di protezione esterna al Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. I giudici, oltre ad ordinare l'esecuzione della sospensione cautelare della caccia, condannano la Regione al pagamento di 4 mila euro alle associazioni ricorrenti.
Le motivazioni del diniego alla caccia attengono al mancato parere Ispra e all'esigenza prioritaria della difesa dell'habitat di una specie protetta. Come scritto nel precedente decreto, secondo i giudici, infatti, "l'ordinanza appellata, nella sua scarna motivazione, non esprime alcuna compiuta considerazione" sulle questioni sollevate dagli animalisti.
Alla Regione è demandato anche il compiuto di riesaminare la situazione emendando la sua azione dai "vizi procedimentali e sostanziali" al fine di "adottare le misure più adeguate a tutela dell’orso bruno marsicano nelle aree critiche “Monti del Cicolano”, “Monti Ernici”, “Area adiacente al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise” e nelle zone speciali di conservazione (ZSC) con presenza dell’orso bruno marsicano".
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