Si è chiusa da poche ore a Katowice (in Polonia) la Conference of the Parties - COP 24, con un giorno di ritardo e un accordo raggiunto in extremis. I rappresentanti di 196 Stati, riuniti dal 3 dicembre scorso nell’intento di stabilire le regole vincolanti per l’applicazione dell’Accordo sul Clima di Parigi, hanno evitato un insuccesso che avrebbe avuto conseguenze “suicide”, secondo le parole usate dal Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Alla fine, un testo di 156 pagine definisce gli strumenti di monitoraggio con cui i paesi misureranno la progressiva riduzione delle emissioni di carbonio, il sostegno da dare ai paesi poveri per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico già in atto e per avviare misure di transizione energetica, e i meccanismi di controllo della situazione globale.
Nata con un obiettivo piuttosto tecnico, questa COP si è caricata di un forte aspetto politico, dovuto all’allarme crescente suscitato dal rapporto degli scienziati dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) che ha constatato un aumento più veloce del previsto della temperatura del pianeta, e al fatto che Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e Kuwait hanno unito le forze per impedire che la conferenza accogliesse pienamente i risultati dell'IPCC. L'Australia si è unita agli Stati Uniti in una celebrazione del carbone, e il Brasile ha segnalato il suo scetticismo climatico con Jair Bolsonaro ritirando l’offerta di ospitare i colloqui del prossimo anno. Una situazione paradossale, in cui un ristretto gruppo di paesi teneva in ostaggio gli altri 190, in totale disprezzo dei gravi rischi che i cambiamenti climatici stanno già facendo vivere all’umanità.
«In altri tempi e in un contesto ambientale meno preoccupante, avremmo forse potuto considerare positivamente l’accordo raggiunto a conclusione della Conferenza. Tuttavia, tenuto conto degli allarmi dell’IPCC, che si fanno ogni giorno più drammatici, e sapendo quanto i Governi tendano a stare al di sotto di quanto previsto da questo tipo di accordi, non possiamo dirci né soddisfatti né ottimisti»: è questo il primo commento di Slow Food, l’associazione internazionale presente in 160 Paesi del mondo, impegnata da oltre 30 anni sui temi del cibo, dell’agricoltura, dell’ambiente, dei diritti.
«A questo punto occorre fare pressione su tutti i Governi affinché si mettano immediatamente al lavoro per rispettare almeno gli impegni assunti a Katowice, con la speranza che questo possa creare condizioni migliori per gli accordi che si dovranno raggiungere alla prossima COP (che si terrà nel novembre 2019 in Cile). Al contempo è fondamentale che i cittadini, le imprese, la società civile, siano sempre più protagoniste della transizione urgente dall’attuale modello di sviluppo fondato sulle energie fossili verso un modello di economia decarbonizzata. Slow Food, anche attraverso la campagna Food for Change, invita a considerare il cibo, a partire dalle nostre scelte quotidiane, come primo strumento per il cambiamento: il nostro attuale sistema alimentare è tra le principali cause di emissione di gas clima-alteranti (e l’agricoltura è tra le prime vittime del cambiamento climatico), per cui attraverso scelte più consapevoli e responsabili possiamo tutti contribuire concretamente alla rapida inversione di rotta di cui ha bisogno il genere umano per garantire la propria sopravvivenza».