Pubblicato su Repubblica di Genova in questi giorni troviamo l'interessante punto di vista del giornalista Piero Ottone, (già direttore del Secolo XIX e del Corriere della Sera, oggi è tra le più autorevoli firme di Repubblica) che interviene, non certo da cacciatore, sulla situazione dei cinghiali che scorrazzano indisturbati ormai da mesi nelle zone cittadine della periferia genovese.
La questione pare si sia dipanata in due fronti opposti: da una parte ci sono i difensori degli ungulati cittadini ed in particolare di un esemplare a cui è stato affibbiato il nome Piero, che sembra si faccia addirittura accarezzare. Dall'altra c'è invece chi, giustamente li considera un pericolo pubblico e quindi un problema da risolvere. Piero Ottone su Repubblica riporta la questione sui giusti termini:
“Nonostante l'omonimia, mi schiero nel partito del pollice verso. Per ragioni ovvie. Mi fa piacere che il cinghiale mio omonimo susciti tante simpatie, pur non appartenendo, lui, a una specie particolarmente leggiadra. Ma i danni provocati da questi animali sono ingenti, e dobbiamo difenderci. Mi chiedo piuttosto quale sia l'origine del movimento popolare in difesa sua, e dei suoi pari. Capisco che ogni forma di violenza sia disapprovata dalle persone per le quali la vita degli animali, come quella degli esseri umani, è sacra. Ma quanti mansueti agnelli, quante galline, quanti pollastrelli sono trucemente sterminati ogni giorno, senza che i difensori dei cinghiali muovano un dito in loro difesa? Sospetto che il movimento a favore di Piero il cinghiale abbia origini vagamente frivole: come se questi animali fossero un giocattolo, bestiole da portare al guinzaglio. La difesa dei cinghiali acquista allora qualche sfumatura narcisistica. Oppure può entrare in gioco un'opposizione di principio contro tutto quello che fanno le autorità: se le autorità ce l'hanno coi cinghiali, difendiamo i cinghiali. E allora viene voglia di dire: che paese, l'Italia. Un'ultima nota: si sono profilate, per rendere innocuo quell'esemplare, protagonista della vicenda, soluzioni diverse, ma io ritengo preferibile quella finale: l'uccisione. Che vita sarebbe, quella di un cinghiale castrato?”.