Ci sono voluti due anni per la decisione della Corte Costituzionale sulle restrizioni imposte per legge sulla caccia piemontese. Come noto, la Regione Piemonte nel 2015 ha ridotto l'elenco delle specie in calendario venatorio di ben 15 specie: pernice bianca, allodola, lepre variabile, fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, moretta, combattente e merlo.
L'attesa sentenza, attesa soprattutto dal popolo dei cacciatori piemontesi, che da anni chiedono di poter cacciare alle condizioni stabilite dalla legge quadro sulla caccia, la 157/92, purtroppo non è nulla di positivo. Su ricorso proposto dal Tribunale Amministrativo del Piemonte, con costituzione in giudizio delle associazioni venatorie (Fidc e Libera Caccia, Enalcaccia), degli Atc e Ca e della Lac (quest'ultima per opposti motivi) la Corte Costituzionale si è trovata a dover decidere sulla questione sollevata dal Tar del Piemonte durante la trattazione del ricorso animalista sul calendario venatorio 2016 – 2017.
La Consulta ha deciso di respingere il ricorso ritenendo infondate le questioni di legittimità costituzionale ritenendo che “le norme censurate, in ciò legittimate dalla competenza residuale in materia di caccia, hanno avuto l’effetto, non di attrarre alla disciplina legislativa il calendario venatorio, bensì di innalzare, in via generale e astratta, il livello della tutela faunistica: esse, pertanto, in nessun modo hanno inciso in peius sugli standard minimi e uniformi di protezione della fauna, la cui disciplina è ascrivibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato”.
Nella sentenza, infine, si dichiara inammissibile l'intervento dell'Associazione nazionale libera caccia.