E' stata pubblicata in questi giorni la sentenza del Tar del Piemonte che a gennaio scorso ha condannato la Città metropolitana di Torino a risarcire le associazioni ricorrenti (Enpa e Lega Nazionale per la difesa del cane), che avevano contestato il programma di contenimento dei cinghiali del 2018. In particolare protestavano per il convolgimento dei cacciatori, indicati tra le figure abilitate agli abbattimenti, e la mancata indicazione di Ispra nell'eventuale accertamento di inefficacia dei metodi ecologici.
Nel frattempo il comune di Torino ha abrogato il programma impugnato e ne ha emesso uno sostitutivo. Il ricorso, dichiarato comunque improcedibile, ha dato ragione agli animalisti, che avevano richiesto di rimandare il giudizio alla Corte Costituzionale. Nella sentenza si parla di un possibile coinvolgimento della Corte Costituzionale per la questione di legittimità della Legge Regionale 9/2000. "Se il presente giudizio fosse pervenuto ad una definizione del merito anziché ad una pronuncia di improcedibilità - si spiega nella sentenza -, il collegio avrebbe certamente sollevato questione di illegittimità costituzionale dell’art. 2 della L.R. n. 9/2000 dinanzi alla Corte Costituzionale, attivando un giudizio dall’esito pressochè scontato visti i precedenti in termini della stessa Corte riferiti a normative analoghe a quella piemontese".
La norma regionale si porrebbe in contrasto con la norma statale di riferimento (art. 19 L. 157/1992), la quale, così come interpretata dalla Corte Costituzionale, nella parte in cui disciplina i poteri regionali di controllo faunistico, costituisce un principio fondamentale della materia, tale da condizionare e vincolare la potestà legislativa regionale.