Torniamo sulle motivazioni addotte dal Tar di Firenze per accogliere il ricorso contro il calendario venatorio toscano. Due i motivi trattati e accolti. La questione, rimbalzata dal Consiglio di Stato, dopo l'accoglimento della sospensiva chiesta dagli animalisti, è tornata di competenza del Tar, che di fatto ha confermato l'impostazione dei Giudici romani.
Per prima cosa sulla preapertura, per cui è stata data un'interpretazione dell'articolo 18 della 157/92, a dir poco opinabile. La Regione ha deciso infatti di anticipare la chiusura delle specie interessate pari alla durata delle giornate concesse nell’apertura anticipata. Secondo gli animalisti ricorrenti invece avrebbe dovuto chiudere in anticipo considerando la durata corrispondente al periodo compreso tra l’inizio dell’apertura anticipata e l’inizio della stagione venatoria. Quest'ultima secondo il Tar è semplicemente la tesi maggiormente convincente, se non altro perchè avvalorata dal Consiglio di Stato in sede cautelare, nonché da parere Ispra, rilasciato al WWF nel 2010. Vale la pena ricordare nel merito della legittimità sui pareri resi dall’ente, diversi da quelli obbligatori per le Regioni. La Sentenza del Tar Lazio Sez. I Ter Prov. Coll. N. 01845/2014 precisa che l’unico atto dell’Ispra da prendere a riferimento, quale espressione di obbligatoria attività consultiva da parte di detto organo nella predisposizione del calendario venatorio, è il parere dallo stesso espresso con specifico riferimento a quest’ultimo. Conseguentemente atti diversi provenienti dal medesimo organo risultano privi di rilevanza e la loro eventuale inosservanza non richiede alcuna motivazione”. Infatti la 157 all’art 18 non indica alle Regioni come recuperare matematicamente i giorni concessi in pre-apertura, si limita esclusivamente ad indicare il rispetto dell’arco temporale massimo, dalla terza domenica settembre - 31 gennaio. La norma è chiara nella ripartizione dei reciproci ruoli il quale costituisce esercizio di attività amministrativa spettante all’ente regione, mentre ISPRA svolge al riguardo un ruolo consultivo.
L'altro motivo accolto è quello relativo alla chiusura della beccaccia oltre il 10 gennaio, termine ultimo concesso dall'Ispra. La Regione ha deliberato la chiusura al 31 gennaio 2019, ma non ha argomentato in maniera adeguata la propria scelta. “Si deve viceversa ritenere - si legge nella sentenza del Tar - come lo scostamento di ben due decadi del termine finale rispetto a quello massimo indicato nel parere dell’ISPRA (10 gennaio 2019) non possa essere giustificato solamente sulla base dei monitoraggi citati dalla Regione nel proprio provvedimento, trattandosi di studi non ancora recepiti in documenti ufficiali o comunque idonei ad imporsi sull’attuale consolidata definizione scientifica delle date (decadi) di inizio della migrazione prenuziale della specie Beccaccia”.
Nel piu’ profondo rispetto del principio della libera valutazione delle prove del giudice, restiamo perplessi da una affine disquisizione scientifica, sulla validità o meno delle pubblicazioni proposte dalla Regione nell’atto amministrativo del calendario venatorio, il quale costituisce esercizio diretto di attività amministrativa. Le pubblicazioni scientifiche proposte dalla Regione, sulla beccaccia, provengono da Università Statali Italiane la cui ricerca avviene con metodologia moderna, il cui valore scientifico è paritetico a quello dell’Ispra se non superiore in codesto caso.
A riguardo vale la pena ricordare che il KC Italiano sulla beccaccia e’ stato redatto con un campione di Beccacce inanellate all’estero e ricatturati in Italia si compone di 136 soggetti, in base a questi ISPRA fà un’analisi statistica dei soggetti ricatturati suddivisi per decadi che portano la stessa ad affermare che l’inizio della migrazione prenuziale si ha a partire dal 10 gennaio come indicato nel documento ORNIS ma che occorrerebbe tuttavia limitare al 31 dicembre il prelievo venatorio. A tal proposito l’istituto indica le varie condizioni che hanno portato alla ricattura dei soggetti riconoscendo l’attività venatoria come principale fonte di ricattura e ammettendo che quando questa è chiusa diminuiscono le possibilità di ricattura “Atlante delle migrazioni” (2008) .
I dati comunicati dal 7° Workshop Woodcock dell’UICN, a San Pietroburgo, sul monitoraggio della nidificazione nelle classiche aree di riproduzione russe (riguardanti la migrazione italiana) ci dicono di migrazione pre nuziale ritardata (Y.Ferrand, ONCFS France). Risulta ormai un trend consolidato, così come è sempre più ritardata la migrazione post nuziale (autunno) a causa dell’innalzamento delle temperature minime. In poche parole gli inverni iniziano più tardi e tendono a prolungarsi.
Dai dati di ricattura in possesso di ISPRA, non è possibile dimostrare con ragionevole certezza l’ipotesi di inizio migrazione prenuziale della Beccaccia svernante in Italia, al 10 gennaio, anche in virtù dei dati e delle pubblicazioni che dimostrano che l’arrivo nei siti di nidificazione, anche quelli più a sud dell’areale di nidificazione (i primi ad essere rioccupati), si hanno a partire perlomeno dal 10 Marzo in poi ( “Spring migration of birds in relation to North Atlantic Oscillation” Zdenuk HUBALEK 2003; “Phenology of birds arrival of eastern Europe” Zalakevicius e al. 1994 e per le popolazioni del nord europa “Alestarm 1976”)..
In merito al consiglio di applicazione del principio precauzionale richiamato dall’ISPRA, e riportato nella sentenza. L’ultima sentenza del Consiglio di Stato che si esprimeva nel merito; Sentenza del Cons. di Stato N. 3767/2016, confermando il Tar Lazio, RM, sentenza n. 7782/2015, ha affermato che: il principio di precauzione ”consente, ma non impone incondizionatamente all’Amministrazione di attivarsi in presenza di pericoli solo ipotizzati (e non ancora suffragati da evidenze scientifiche)”.