Il Tar della Lombardia, accogliendo il parte il ricorso di Lac e Lav, ha di fatto annullato il piano di controllo del cinghiale sul territorio di Brescia 2018/2021 approvato da Regione Lombardia il 26 ottobre 2018. Il piano, già sospeso da un'ordinanza cautelare e di fatto superato dalla nuova normativa regionale, prevedeva interventi senza limiti, anche con “tiro selettivo notturno” e a opera di “personale esperto direttamente autorizzato”.
E' proprio la mancata fissazione del limite di tollerabilita' della presenza del cinghiale uno dei motivi accolti, insieme al troppo generico e non circostanziato riferimento alla necessità di intervento "nei casi di allarme sociale". Secondo i giudici in assenza di una specificazione e contestualizzazione, questo addotto non può essere un adeguato parametro di riferimento.
I giudici hanno trovato il documento carente di motivazione laddove non indica i parametri di riferimento per poter ritenere che in una certa zona sia superato il limite di tollerabilità della presenza del cinghiale e, dunque, sia ammesso l’intervento di controllo. "Conclusione - si legge nella sentenza pubblicata lo scorso 8 aprile - che appare avvallata dalla stessa memoria regionale già citata, in cui si riconosce che, nelle more del giudizio, sono stati 'meglio definiti in letteratura (con anche documenti tecnici di Ispra) metodi per poter determinare in maniera più precisa una soglia di tollerabilità dei danni', con ciò confermando come l’indicazione di parametri più precisi sia non solo possibile, ma anche auspicabile, non essendo sufficiente ad escluderne la rilevanza il fatto che, come genericamente affermato dalla Regione, 'richiedono sia la messa in atto di apposite ricerche sia l’implementazione di particolari sistemi che per ovvie ragioni, non possono aversi a stretto giro'”.
Il ricorso è stato respinto in altri punti. Sui metodi ecologici prioritari, che secondo gli animalisti non sarebbero stati applicati in maniera opportuna, tentando per esempio la via della sterilizzazione. I giudici hanno ritenuto valido il parere Ispra, che da sempre ribadisce come queste non siano un'alternativa valida alle attività di controllo. “A tale considerazione parte ricorrente ha opposto solo un generico riferimento all’evoluzione farmaceutica in proposito, senza però dimostrare l’effettiva possibilità di accedere con risultati positivi a tale soluzione” si legge nella sentenza.
Respinta anche la tesi animalista secondo cui il “tiro notturno”, con armi a lunga gittata e l’uso dei fari per illuminare, sarebbe del tutto spropositato rispetto all’obiettivo dichiarato e potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza e l’incolumità pubblica. Una scelta demandata alla Polizia provinciale del tutto legittima da un punto di vista tecnico e ambientale. La sentenza respinge anche la richiesta dei ricorrenti di sollevare la questione di legittimità costituzionale relativamente all'affidamento degli abbattimenti a soggetti autorizzati diversi dagli appartenenti alla Polizia provinciale. Disposizione prevista dal regolamento provinciale per il controllo mai impugnato dagli animalisti.