La Corte di Cassazione ha annullato la condanna penale inferta ad alcuni cacciatori siciliani, accusati di aver utilizzato richiami acustici vietati in atteggiamento di caccia.
In tre - riferisce l'Avvocato Giovanni Di Giunta, del Sindacato Nazionale dei Cacciatori - gironzolavano nelle campagne palermitane alla ricerca di quaglie da fare annusare ai propri cuccioli, senza fucili o altri mezzi di cattura, solo un richiamo elettronico, la quagliaia, per intenderci". Tanto è bastato a suscitare l’intervento, con appostamento notturno della guardia forestale, la quale ha contestato il reato penale di esercizio di caccia in tempo di divieto con mezzi vietati, appunto i richiami. Arrivati a processo, il giudice aveva confermato tale tesi, condannando i cacciatori.
Ovviamente i tre hanno fatto appello, fino ad arrivare alla Cassazione. La Corte ha stabilito ciò che già si dovrebbe sapere, ovvero che "ai fini della configurabilità della contravvenzione ai sensi della legge 157/92, è necessario che la detenzione di richiami di genere vietato avvenga in persona 'in atteggiamento da caccia', desumibile da una serie di elementi, quali la presenza in luogo di caccia e la detenzione di strumenti idonei allo scopo".
"L'interpretazione del Giudice - scrivono dalla Cassazione annullando la precedente condanna - che ha anticipato la fase prodromica addirittura al momento del presumibile addestramento dei cani da caccia, non è coerente con il dato normativo che richiede comunque elementi univoci, in termini di organizzazioni di mezzi (es. disponibilità di reti, gabbie, trappole, armi)".