Le associazioni venatorie calabresi (Federcaccia, ANLC, Enalcaccia, Arcicaccia, ANUU Migratoristi, Italcaccia ed EPS) riunite nel Coordinamento regionale sollevano la questione agricola, ovvero i danni causati dall'agricoltura alla biodiversità. "L'evoluzione delle tecniche colturali da alcuni decenni pone seriamente a rischio le specie più esigenti dal punto di vista ecologico (la starna, la coturnice, la quaglia, la tortora, gli alaudidi, ecc.)", a cui si aggiunge la perdita di biodiversità delle coltivazioni che ha avvantaggiato specie generaliste come corvidi e volpe. C'è poi il problema crescente degli ungulati e del lupo.
Su tutte queste problematiche si sollecitano le organizzazioni agricole a promuovere concrete ed adeguate politiche gestionali. "Occorrono obiettivi condivisi - scrivono - , con la consapevolezza che agli stessi concorrono elementi, non esclusivamente agricoli ed economici, ma anche culturali, amministrativo-finanziari, biologici, ecologici ecc. Occorre poi definire un Piano di gestione che avvalendosi di strategie di comprovata affidabilità faccia riferimento a banche dati affidabili continuamente implementate e aggiornate".
A cominciare dal cinghiale, la cui gestione, secondo il coordinamento, dovrebbe rispondere a criteri scientifici in grado di modulare la gestione a livello locale e temporale in base ai parametri prefissati e condivisi (la cosiddetta “gestione adattativa”). Il Coordinamento delle Associazioni Venatorie chiede dunque la disponibilità "al confronto per la stesura di un fattivo Piano di gestione del cinghiale; una impellenza non più rinviabile nel tempo".