Ricorre oggi il centenario dalla nascita di uno dei padri del giornalismo italiano: Indro Montanelli. Non ci dilungheremo su dettagli della sua vita e della sua carriera, strettamente legate alle vicende dell'Italia a partire dagli anni del fascismo (che ha prima sostenuto e poi contestato) fino alla sua recente dipartita (2001).
Montanelli è inviato di guerra, cronista internazionale (realizza interviste a personaggi importanti come Winston Churchill, Charles de Gaulle, Luigi Einaudi, Papa Giovanni XXIII), direttore de Il Giornale e La Voce, editorialista e autorevole saggista.
Su un aspetto però ci vogliamo soffermare: Montanelli ha rappresentato l'essenza del giornalismo vero. Quello che mai si asservisce ad alcuna forma di potere e che a testa alta ne richiama il rigore morale. Un uomo che alla sua categoria ha dato un'impronta indelebile ma troppo spesso dimenticata dai giornalisti d'oggi. Montanelli sentiva di avere un solo e unico giudice: il suo lettore.
Ai suoi collaboratori diceva sempre di non tradirlo scrivendo delle “balle” perchè altrimenti inesorabilmente si sarebbe perso nel tempo. Un insegnamento che sicuramente non è arrivato ai cuori e alle menti di tutti coloro che in questo periodo esercitando la professione di giornalista all'acqua di rose, senza verificare la veridicit�dei fatti o peggio facendo gli interessi di qualcuno.
Ci riferiamo a quella vasta fetta di stampa che ha infangato insistentemente e con ogni forma di menzogna la nuova legge sulla caccia. Ricordiamo che Montanelli era cacciatore e che è stato insignito dell'onorificenza Cacciatore e Gentiluomo dalla Federazione Italiana della Caccia. Ecco come nel 1998 commenta il premio: "Gentiluomo e' l'onorificenza cui tengo di piu', il vero gentiluomo si vede a caccia”.