L’Università di Padova ha realizzato uno studio scientifico, promosso dalla Coldiretti, sul degrado del suolo causato dalla presenza degli ungulati nell’area Parco dei Colli Euganei e negli immediati dintorni.
A Coordinare lo studio del Dipartimento Territorio e Sistemi agroforestali dell’Università di Padova il professor Paolo Tarolli.
Dopo due anni di rilievi in oltre 400 aree danneggiate, oltre 10.000 misure di profondità, 20 aziende agricole conivolte e una quantità di informazioni elaborate e tradotte in mappe e tabelle, lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista inglese ”Earth Surface Processes and Landforms” della British Society for Geomorphology.
L'articolo redatto dal dottor Luca Mauri, che ha condotto gli studi assieme al professor Tarolli, mette in evidenza il esempio di collaborazione tra Università e stakeholder per lo studio di una problematica concreta ed attuale, che ha preso le mosse non da un aspetto teorico e fine a se stesso ma da una ben precisa necessità pratica. Un lavoro quindi a servizio del cittadino, come sottolinea Coldiretti Padova.
Il direttore di Coldiretti Padova, Giovanni Roncalli ha dichiarato: "Durante lo svolgimento dello studio abbiamo organizzato diversi incontri sul territorio, sia con gli agricoltori che con la cittadinanza e i rappresentanti istituzionali, per spiegare le finalità di una ricerca che esula dall’ambito strettamente agricolo e abbraccia la complessità del problema. Volevamo avere delle informazioni certe e dei dati concreti sull’impatto dei cinghiali sul delicato contesto ambientale e geologico dei Colli Euganei, abbiamo chiesto di misurare dimensioni, profondità e conseguenze delle frane che i nostri agricoltori trovano ogni giorno nei propri terrei e anche nei boschi. Ci complimentiamo con il professor Tarolli e il dottor Mauri per l’accuratezza dello studio che ora viene sottoposto anche alla comunità scientifica internazionale. Quello che ora infatti sembra un problema strettamente locale, circoscritto ai Colli Euganei, potrebbe riproporsi anche in altri contesti simili. Conoscere le conseguenze della proliferazione di specie selvatiche in particolari territori aiuta senz’altro ad individuare le soluzioni più idonee per tutelare prima di tutto l’ambiente e la sicurezza di chi ci vive e ci lavora, oltre che a garantire la sopravvivenza dell’attività agricola in tutte le sue accezioni. Sarà nostro impegno portare i risultati dello studio all’attenzione anzitutto della Regione, sotto la cui competenza ricade anche il governo del Parco dei Colli Euganei, ma anche degli organi nazionali, per chiedere finalmente misure efficaci per risolvere un’emergenza che si trascina da troppi anni".
Il proferssor Tarolli ha inoltre aggiunto: “Abbiamo geolocalizzato e quantificato su ampia scala i danni da cinghiale, analizzando 406 aree danneggiate e compiendo 10.150 misure di profondità di suolo in due anni. E’ uno studio unico nel suo genere, mai compiuto fino ad ora, neppure all’estero, che ha calcolato i metri cubi di suolo rimosso ed elaborato delle statistiche per capire se la presenza di danni in un area è significativa o no sulla base dell’entità del danno stesso. Abbiamo quindi individuato le aree più critiche e calcolato la potenziale connessione a strade e canali del volume di suolo rimosso da cinghiali, ovvero quale è la probabilità che il volume di terreno rimosso in un punto possa poi raggiungere una strada o una canale. Questa può essere un’informazione utilissima a coloro che gestiscono il territorio, a partire dai sindaci e dai tecnici dei Consorzi di bonifica), per programmare interventi mirati per mitigazione del potenziale dissesto, soprattutto sulle strade, che potrebbe attivarsi durante precipitazioni intense. Abbiamo messo a punto una metodologia di indagine con linee guida su come analizzare questo tipo di problemi. La nostra metodologia potrebbe essere presa come esempio ed adottata in altre regioni o anche dall’Avepa o ancora nei parchi nazionali e regionali. In definitiva, quando una specie invasiva non è controllata o equilibrata dalla natura stessa e si riproduce a dismisura (oltretutto in territorio antropizzato), il tutto poi si ripercuote sulla natura stessa come forma di “stress” (erosione e degrado del suolo, danni, e conflitto con l’uomo stesso). Sono necessarie quindi efficaci politiche di contenimento delle specie invasive laddove non sia la natura stessa che le contiene”.
Coldiretti