Lo scorso 10 luglio la Corte Costituzionale ha esaminato la questione di legittimità della legge regionale sulla caccia del Piemonte. Il ricorso, presentato dal Consiglio dei Ministri ad agosto 2018, era stato parzialmente ritirato a seguito di una nuova modifica della legge, che a dicembre 2018 ha corretto una delle parti impugnate, ovvero la disposizione in presunto contrasto con l'articolo 842 del codice civile, che ha dato facoltà ai proprietari di fondi di vietare la caccia sul proprio terreno, facendo opportuna richiesta alla Provincia. La precedente formulazione prevedeva il meccanismo del silenzio-assenso sulla richiesta del privato di vietare la caccia sul suo fondo, quella in vigore - salvata dalla Consulta - invece stabilisce che sia la Giunta regionale a definire criteri e modalità del divieto, compresa l'apposizione a cura del proprietario di tabelle che delimitano il perimetro dell'area interessata.
E' stata invece dichiarata inammissibile per difetto di motivazione la questione riguardante l'art. 13, comma 1, che dà facoltà alla Regione di determinare la lista delle specie cacciabili in presunta violazione dell'articolo 18 della legge 157. Secondo la Consulta nel ricorso non sarebbe stato precisato in che modo si verificherebbe la violazione in oggetto. Tuttavia la Corte ritiene la questione di legittimità infondata, in quanto l'articolo impugnato “prescrive espressamente il rispetto dell'art. 18 della legge n. 157 del 1992” su tempi e specie cacciabili. Nella sentenza si ricorda anche la già dichiarata legittimità del divieto imposto dal Piemonte per alcune specie invece cacciabili secondo la legge 157/92, riconoscendo come legittimo l'incremento della protezione minima ambientale.