Riceviamo e pubblichiamo:
UNA GUERRA INFINITA CONTRO TRADIZIONI E COSTUMANZE VENATORIE: LA VERITÀ VERRÀ PURE A GALLA
Le sentenze dei Giudici si applicano ma si possono commentare. Anche se si parla di ambiente e di ostracismo preconcetto contro l’attività venatoria, è ancora permesso, anche se saremo redarguiti per il nostro libero pensiero.
Questa volta è il caso dei Giudici del TAR Lombardia – sez. IV che, con un’ordinanza che la dice lunga sulla decisione “super partes”, tagliano corto sul lungo lavoro della Regione Lombardia e delle Associazioni venatorie (nessuna esclusa) per la preparazione di una puntuale Delibera sul rifornimento dei richiami vivi che poggiava proprio sulla lettera della Commissione Ambiente UE del 24/09/2014 indirizzata all’allora Presidente della LIPU (dimessosi solo il 14/07/2019) in pieno silenzio da quando, nel giugno 2018, è diventato Capo di Gabinetto del Ministro dell’Ambiente sul “parere non parere” dell’ISPRA (obbligatorio e non vincolante), ed ancora sull’ampia motivazione del MIPAAFT del 05/07/2019. Dinnanzi a tale ampiezza di argomentazioni, dapprima con un Decreto presidenziale che non ha saputo discernere l’alternante giurisprudenza prima della nuova legge 115/2015, che ha fatto finalmente chiarezza sulle competenze regionali e sui patetici lamentati danni (non provati, ma basati solo sulle affermazioni delle Associazioni ambientaliste), e poi su un nuovo principio, “Considerato che nel bilanciamento degli interessi contrapposti è prevalente, ad avviso del Collegio, l’interesse alla conservazione del patrimonio faunistico della Regione azionato dalle associazioni ricorrenti”, ha rimandato al 16 luglio 2020 ogni decisione volendo così annullare l’autonomia di una Regione nel rispetto delle leggi italiane ed europee, bloccando non la vecchia uccellagione vietata dal 1969 (sic!), ma annullando tradizioni e costumanze di un’attività che porta vantaggi anche al mondo economico, dell’artigianato e del regolare, controllato e programmato prelievo venatorio nel rispetto della conservazione della natura. Si deve pensare che chi gode di questa ordinanza è chi opera nel “micro-bracconaggio fai da te”, che difficilmente si fermerà e che sarà difficile bloccare allorché la Regione Lombardia, nella sua attenta gestione della materia, ha da tempo creato una Banca dati sul possesso dei richiami vivi detenuti dai cacciatori capannisti, ottemperando pure ai limiti e ai dettati della normativa nazionale e di quella europea. Siamo d’accordo che le decisioni debbano essere applicate, ma possono essere argomentate e commentate in questa e in altra sede, facendo ben comprendere che la mancanza di alcun commento agli elaborati difensivi, ampiamente chiarificatori, fanno venir meno la credibilità del mondo della giustizia in generale, perché l’uomo in questo non facile ruolo deve pur essere al di sopra delle parti nel rispetto della legge e non nel vacuo sentimento che alberga in ognuno di noi. Non certamente in un’aula di giustizia e così anche in sede comunitaria di Bruxelles, su cui ritorneremo. Per dirla come i nostri vecchi: “Ci sarà un giudice a Berlino” per rendere giustizia.
“GRAZIE” AL TAR E ALLA LAC
Constatiamo che, ancora una volta, i TAR si pronunciano in materia di caccia ignorando qualsiasi realtà giuridica e scientifica, in nome di una presunta necessità di salvaguardia del patrimonio faunistico che trascende da ogni concreta valutazione del reale stato di conservazione della fauna stessa e delle corrette modalità della sua gestione. Ci riferiamo alle due ordinanze cautelari che hanno interessato i decreti della Regione Lombardia relativi ai roccoli e al calendario riduttivo per il prelievo di alcune specie di fauna selvatica. In particolare per quanto riguarda il secondo decreto il TAR Lombardia ha accolto l’istanza cautelare presentata dalla LAC disponendone l’accoglimento e, pertanto, la sospensione. Non ci resta, paradossalmente, che ringraziare il TAR e la LAC perché con questa ordinanza tornano in vigore i limiti di carniere previsti dalla legge e dal calendario venatorio regionale e che, invece, il decreto sospeso aveva ridotto sulla base delle indicazioni fornite da ISPRA. Questo effetto paradossale sta a dimostrare l’assurdità di un sistema che in nome di un bieco e ceco animalismo porta a non considerare i veri aspetti scientifici e giuridici che devono disciplinare l’attività venatoria, come già avviene nel resto d’Europa. Non è più possibile consentire che le Associazioni animaliste anti-caccia presentino a raffica ricorsi insensati che, peraltro, non gravano sulle loro tasche ma sulle tasche della collettività, così come non è possibile consentire che i TAR possano – in queste materie così complesse dove devono prevalere competenze scientifiche prioritarie – utilizzare lo strumento delle sospensive per poi, magari a distanza di tempo, riconoscere nel merito l’assurdità del ricorso presentato dagli animalisti, quando però gli effetti negativi della sospensiva si sono già purtroppo manifestati. Questo è ciò che dovrebbe avvenire in un Paese civile.
ANUU Migratoristi Stampa