I cacciatori in Francia contano. Contano talmente tanto da risultare determinanti per la vittoria elettorale del Presidente Macron, come analizza un recentissimo articolo de Il Foglio, che, a partire da un libro appena uscito in Francia (Noël à Chambord di Emilie Lanez), illustra i dettagli di un "patto segreto" con i cacciatori “che ha permesso al presidente francese di strappare un corposo bacino elettorale alla destra conservatrice”. D'altra parte stiamo parlando di più di un milione di elettori praticamente certi, a cui si aggiungono gli operatori del settore e le loro famiglie.
Nessun presidente della Quinta Repubblica prima di Emmanuel Macron aveva mai assistito alla cerimonia del tableau de chasse, fa notare Mauro Zanon nel suo articolo. Lo fece il 15 dicembre 2017 partecipando all’esposizione dei trofei di caccia del castello di Chambord, la tenuta di caccia di Francesco I. Lì avrebbe stretto l'accordo politico con i cacciatori, in particolare con la “potentissima Fédération nationale des chasseurs (Fnc)” e il suo istrionico presidente, Willy Schraen. Emilie Lanez, non a caso, parla di “patto di Chambord”, descrivendolo come "un patto clandestino e molto politico che ha permesso a Macron di intascarsi un elettorato che abitualmente vota per la destra conservatrice, e di cui l’inquilino dell’Eliseo si è servito astutamente per contenere la valanga dei gilet gialli, che avrebbe potuto fare più danni".
Il fatto è che i cacciatori non sono una minoranza silenziosa, anzi, nel libro si fa presente come l'autunno del 2018, con le proteste dei gilet gialli, avrebbe potuto essere molto più difficile da gestire, se vi avessero partecipato anche le doppiette. Lo stesso Willy Schraen, intervistato dall'autrice, dichiara che migliaia di cacciatori erano già pronti ad occupare le rotatorie. “Se non li avessi stoppati subito, sarebbero stati in 500mila sulle rotatorie e ci sarebbero stati dei tipi armati. Ho parlato e scritto molto, i miei ragazzi erano tutti gilet gialli all’inizio, tutti”.
Macron avrebbe messo in pratica i consigli del suo fedele Thierry Coste, il lobbysta dei cacciatori, uomo della ruralità con ottime entrature in tutti i circoli che contano. Nel libro si racconta anche che fu proprio la presenza di Coste a una riunione all’Eliseo a mandare fuori di senno Nicolas Hulot, l’ex ministro dell’Ambiente e nemico numero uno dei cacciatori, e a spingerlo alle dimissioni, come raccontato dal Figaro. I cacciatori, sottolinea Emilie Lanez nel suo libro, hanno aiutato Macron anche alle elezioni europee, dando in maggioranza il loro voto alla lista della République en marche guidata da Nathalie Loiseau.
Effettivamente le cose per la caccia francese sono migliorate. Avere un Presidente della Repubblica che dichiara apertamente il proprio appoggio alla caccia tradizionale e ne evidenzia il ruolo positivo per la biodiversità, è qualcosa che tutti i cacciatori sognano (pura fantasia per l'Italia). Ma al di là delle parole, la vicinanza si è concretizzata in norme che hanno dato un nuovo impulso alla caccia d'oltralpe. Come ricorda Il Foglio, Macron ha dimezzato il costo annuale della licenza di caccia, da 400 a 200 euro, ha introdotto il reato di disturbo all’attività venatoria (si rischia fino a un anno di carcere e una sanzione pecuniaria di 30mila euro) e ora, nel quadro della futura riforma della caccia, è pronto a ufficializzare la nascita dell’Ufficio nazionale della biodiversità, che vedrà finalmente i cacciatori protagonisti della gestione, insieme agli ecologisti e agli agricoltori. È l’amore tra Jupiter e Artémis, scrive la stampa parigina.