La Cia (Confederazione Agricoltori Italiani), determinata senza remore a modificare la legge 157/92 al fine di un più efficace sfoltimento dei cinghiali, negli scorsi giorni ha tenuto un convegno in Abruzzo per parlare della filiera della carne di selvaggina.
La Cia pensa ad una filiera “forte, competitiva e qualificata, capace di incrementare il consumo di carne di selvaggina trasformata in maniera sicura e di qualità, così da far crescere il reddito delle imprese che partecipano al progetto e di quelle economie delle aree interne”. Il progetto, diretto dalla cooperativa Asca, vede la partecipazione di 22 soggetti, fra investitori diretti e indiretti, ed è finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale 2014 - 2020 della Regione Abruzzo. L'obbiettivo degli agricoltori, oltre al fine della gestione del cinghiale e quindi alla riduzione dei danni, è quello di riuscire ad integrare il reddito delle aziende agricole che aderiranno al progetto.
Le province di Pescara e Chieti, oltre a metà della provincia dell'Aquila, grazie all'attivazione di centri di sosta della selvaggina, forniranno carne per la filiera. Si ipotizza che a regime la filiera possa intercettare almeno il 55% di tutti i cinghiali abbattuti annualmente in Abruzzo, ovvero circa 6 mila capi (4 mila derivanti dalla caccia collettiva, 2 mila dalla caccia di selezione e dalle attività di controllo).