50 capisquadra, rappresentanti di circa 4 mila cacciatori in Abruzzo, si sono riuniti a Pescara ed hanno redatto un documento che chiede urgenti modifiche al Piano Faunistico Venatorio in via di approvazione in Regione. Le modifiche richieste mirano a risolvere “le notevoli discriminazioni e penalizzazioni per la nostra forma di caccia” scrivono. Nel piano, spiegano, l’assetto territoriale destinato alla braccata viene totalmente stravolto, visto che la quasi totalità del territorio ricadente negli ATC che si affacciano sulla costa, vengono considerate non idonee alla presenza del cinghiale con limitazioni considerevoli all’utilizzo della braccata. Cosa incomprensibile, dato che, come evidenziano i cinghialai, è proprio grazie alla braccata che viene abbattuta la stragrande maggioranza degli ungulati (ben oltre il 70%, 7707 capi, sui 10870 cinghiali abbattuti).
"Al fine di non vederci costretti ad abbandore la nostra passione e il nostro impegno che ha permesso in questi anni a ridurre drasticamnte il numero dei cinghiali presenti sul territorio e quindi a limitare i danni al mondo rurale - scrivono i cinghialai nel documento - , vi chiediamo di modificare i seguenti punti sul PFVR:
Par. 8.17 (Figura 143 Pag. 262): Gestione Cinghiale (Sus scrofa): Non si condivide l’attribuzione delle “Aree Non vocate” dell’ATC Pescara, Chietino-Lancianese, Vastese, Vomano e Salinello così come riportata nella cartina. Si richiede la riperimetrazione dell’area non vocata così come risulta dai piani quinquennali approvati e in vigore nei singoli ATC secondo le modalità stabilite RR 1/2017.
Par 8.17 (Pag. 263): eliminare la dicitura riportata “con particolare riferimento alla, girata e alla caccia di selezione” e anche la parte “Nelle aree non vocate la caccia collettiva in braccata non sarà, comunque, consentita ad una distanza inferiore di 500 metri lineari dai confini dei Parchi Nazionali, dai Parchi Naturali Regionali, dalle Riserve Naturali Regionali, dalle Oasi di protezione e dalle Zone ripopolamento e cattura” perchè le braccate effettuate nei nostri ATC, dopo un’analisi dei registri di battuta degli ultimi 5 anni, vedono l’utilizzo medio di 3 cani per ogni singola braccata, quindi anche il disturbo alla restante fauna risulta di scarsa entità. In questo caso si invita a considerare la definizione di “mini” braccata svolta con “cani da traccia”, finalizzati all’individuazione della rimessa, più 3/4 cani da seguita con il compito esclusivo di spingere il selvatico verso le poste".