Massimo Marracci ci invia un ricordo personale dell'avv. Gianni Bana, rivolto ai colleghi e amici della caccia europea e internazionale, con i quali in tanti anni insieme hanno lavorato.
Cari Amici e Care Amiche,
ho dovuto prendermi tre giorni per cercare di scrivervi qualche parola, visti questi momenti veramente duri per me e per tutti noi e non soltanto a causa della tragica scomparsa del nostro Maestro Giovanni Bana. Giovanni, che oggi avrebbe festeggiato il suo 83° compleanno.
Mi rivolgo a voi, senza formalità, per ringraziarvi di cuore dei vostri messaggi e della vostra fraterna solidarietà che Giovanni e noi abbiamo ricevuto da parte vostra.
Arriverà il tempo per tributargli gli onori che merita e che gli dobbiamo, d’accordo con la sua famiglia, dopo un’esistenza totalmente dedicata al lavoro, alla sua professione, alla caccia, alla ricerca ornitologica, alla difesa della ruralità e di tutte le sue tradizioni. Ci ha lasciato in eredità un’inestimabile lezione di professionalità e di vita.
Egli dichiarava spesso la necessità di difendere e promuovere le tradizioni «senza essere necessariamente tradizionalisti”. Aveva ragione. Per difendere la caccia come una tradizione e un’attività della ruralità, occorre appoggiarsi sui dati scientifici, sugli strumenti della comunicazione, sugli aspetti storici e culturali, dimostrando che essa è un’attività vitale per la conservazione della fauna selvatica e degli habitat. Lo sosteneva già più di trent’anni or sono. Io, ho avuto il privilegio di essere scelto da Giovanni come il suo “allievo venatorio”.
Avevo 25 anni, allorché ci conoscemmo. Ciò accadeva nel marzo 1993, a Bergamo, in occasione di un’Assemblea nazionale dell’ANUU, l’Associazione dei Migratoristi Italiani: fu in tale occasione, facendomi coraggio, che mi presentai a Giovanni, all’epoca Presidente dell’associazione, offrendo la mia candidatura per lavorare per la caccia. E voilà, soddisfatto! Dopo qualche mese di conoscenza, cominciò a portarmi con sé a Bruxelles, a Strasburgo, a Parigi, a Marsiglia, a Valencia, ad Atene, a Malta e dappertutto. Il Parlamento europeo, il Consiglio d’Europa, la FACE, il CIC, le Federazioni nazionali; ovunque, Maître Bana era il benvenuto e per tutti aveva dei suggerimenti strategici, dei consigli tecnici, degli indirizzi da seguire e, soprattutto, dell’amicizia. L’AECT – fondata nel 1995 come AACT, Associazione degli Amici delle Cacce Tradizionali – una delle sue idee più brillanti, lo dimostrava sin dalla nascita, con gli altri fondatori Marius Barriere, Marc Meissel, Jean-Pierre Guercin, Jean-Claude Ricci e altri amici spagnoli delle Baleari, i portoghesi e gli amici maltesi. Senza dimenticare che, nel 1977, era stato uno dei fondatori della FACE, la famiglia allargata dei cacciatori europei. E che, poco dopo, aveva creato la Fondazione europea Il Nibbio. È incredibile il numero di persone che conosceva e che lo conoscono. Non so quanti viaggi in aereo, in treno, in auto, abbiamo fatto insieme … e quanti chilometri … sempre con la stessa energia e la stessa gioia di fare.
È per questo, che non ho perduto solo un maestro, ma anche un padre e un amico. Ora, tutto cambierà e occorrerà riorganizzarsi. È inevitabile, quando gli uomini-monumento come Giovanni spariscono. Tocca a noi preservare e coltivare il tesoro che ci lascia. Non sarà facile, ma bisognerà provarci. Augurandoci che si possa ricominciare a condurre la nostra vita normale in un lasso di tempo ragionevole, vista la grave crisi sanitaria che ci avvolge.
Per Giovanni, adesso, la pace. Finalmente, potrà discutere di caccia in leggerezza con tutti i suoi grandi Amici che se ne sono andati prima di lui: Marius Barriere, Albert Herrero, Pascual Batalla I Llorens, Raymond Pouget, Nikolaos Papadodimas, Jean-Paul Boidot, Pierre Daillant, Jean Servat… da lassù, fra una caccia alle anatre e una cattura di tordi con le reti, sono convinto che veglierà su di noi e che vorrà regalarci ancora tutto il suo sostegno.
Arrivederci Gianni, che la terra ti sia lieve.
Scritto a Milano, 23.03.2020
Massimo Marracci