Sono diverse le associazioni animaliste che in queste ore si stanno scagliando contro le amministrazioni che hanno intrapreso operazioni di controllo faunistico, volte alla protezione dell'ambiente e delle attività agricole. Se la prendono in particolare con Emilia Romagna e Veneto, che hanno riattivato alcuni piani di prelievo mirati.
Le benemerite non si peritano a strumentalizzare il fatto, facendo la solita confusione e chiamando caccia ciò che caccia non è. "In queste settimane, mentre l’Italia è in piena emergenza Coronavirus, molte regioni, approfittando del comprensibile e basso livello di attenzione della opinione pubblica, stanno emanando provvedimenti a favore della caccia, a partire dalle leggine incostituzionali fino alle autorizzazioni per l’attuazione di piani di “controllo” della fauna, che consentiranno ai cacciatori-selecontrollori di uscire sul territorio in totale disprezzo ai provvedimenti restrittivi assunti dal Governo" scrivono in una nota Lav, Lipu, Wwf ed Enpa. Il riferimento è alla legge della Regione Sardegna che ha approvato pochi giorni fa una legge sul controllo faunistico, che permette di arruolare i cacciatori, preventivamente formati.
Al di là di queste esternazioni, la realtà è molto diversa. Il controllo faunistico rimane sospeso in molte zone. In Toscana per esempio la Coldiretti è stata costretta ad inviare un appello alla Prefettura affinchè si riattivi il contenimento del piccione. “In questo momento di emergenza nazionale a causa del Covid-19 che sta causando numerosi e incalcolabili danni economici a carico delle aziende agricole, riceviamo continue e pressanti segnalazioni dai nostri associati relativamente alla presenza sempre più incontrollata della fauna selvatica che indisturbata, anche e soprattutto a seguito della sospensione dell’attività di controllo e delle limitazioni agli spostamenti, arreca ingenti danni alle colture agricole, oltre a problematiche di pubblica incolumità nei pressi dei centri abitati”, ha insistito il presidente Filippi.
Anche la Coldiretti ravennate evidenzia l'importanza di questi interventi. Risulta dunque fondamentale, mai come in questo momento – afferma il Presidente di Coldiretti Ravenna, Nicola Dalmonte – la positiva attività svolta dai coadiutori nella gestione della fauna dannosa alle coltivazioni, in primis corvi e nutrie. Il loro contributo – prosegue – è importantissimo proprio per difendere ciò che resta in campo dopo le ripetute gelate di questo periodo”.
Ecco perché, secondo Coldiretti, dato che i coadiutori rappresentano uno strumento d’azione strategico per tutti i piani di contenimento avviati, è necessario prevedere sufficienti risorse umane e finanziarie a sostegno della loro attività, anche pensando di potenziarne il raggio d’azione.
In Piemonte con lo stop al contenimento e con meno gente a presidiare i territori, i cinghiali stanno invadendo le campagne: nelle provincie di Asti, Novara e Alessandria si registrano avvistamenti alle porte delle città e danni a vigneti, a campi seminati, ortaggi e vigneti. In Lombardia con strade e città vuote i cinghiali si muovono ancora più indisturbati: in provincia di Como, sono stati avvistati sulle principali strade di collegamento interno e con la Svizzera, nel Varesotto si spingono fin nei giardini delle abitazioni, dopo aver devastato prati e campi coltivati, anche in provincia di Lodi, soprattutto nella Bassa a ridosso del fiume Po, e nel Milanese nella fascia ovest del capoluogo. In Veneto ci sono bande di cinghiali a spasso per i centri abitati dei Colli Euganei o nelle campagne tra vigneti doc e nel Bellunese hanno devastato vaste porzioni di terreno, mettendo a serio rischio non solo i pascoli, ma anche la fioritura dei narcisi di Pian Coltura e monte Garda. In Liguria si moltiplicano gli avvistamenti soprattutto nel Levante, ma anche nel resto della regione dove viene minacciata anche la tenuta dei tradizionali muretti a secco e nel capoluogo regionale sono stati segnalati da Castelletto fino al Porto Antico, Ospedale San Martino, e lungo tutto l’alveo dei torrenti Polcevera e Bisagno. In Toscana tra Firenze Pistoia e Prato i cinghiali si sono spinti fino ai confini dei centri abitati.
Nelle Marche si moltiplicano le razzie con incursioni a Jesi, in zona Ripa Bianca, dove una quarantina di cinghiali ha distrutto i germogli di cece di un’azienda agricola, ma anche a Fabriano e a Serra San Quirico. La Regione Marche in queste ore si è impegnata a riattivare i controlli selettivi per il contenimento della fauna selvatica. Una problematica che, in questi giorni, era stata sollevata proprio da Coldiretti Marche dopo numerose incursioni sui campi coltivati che hanno interessato tutta la regione.
In Abruzzo nell’area della Majella gli ungulati utilizzano vanno a pranzo nei campi coltivati, mentre un branco di cinghiali è stato avvisato in un vigneto di una frazione di Roseto, in provincia di Teramo, a pochi chilometri dalle abitazioni. In Campania si registra un incremento soprattutto nelle aree interne con danni a vigneti, uliveti e nei campi, dove scavano alla ricerca di radici e tuberi. In Molise I cinghiali girano incontrastati ovunque fra campi e strade, spesso entrano nei centri abitati e provocano incidenti stradali e per molti agricoltori è diventato impossibile coltivare – evidenzia la Coldiretti – e nemmeno le recinzioni, che molti imprenditori hanno costruito a proprie spese per proteggere i campi, si stanno dimostrando efficaci perché i branchi spesso le travolgono. Nel Lazio a Roma il Comune ha dato mandato agli uffici di attivare il protocollo anti-cinghiali che in alcune zone periferiche della città si aggirano talvolta tra le case, mentre in Umbria – sottolinea la Coldiretti – non si fermano le segnalazioni sulla loro presenza a ridosso delle città e i danni all’agricoltura con gli ultimi casi nelle campagne di Narni e Acquasparta in provincia di Terni, dove sono stati devastati campi di cereali. In Calabria colpiti ortaggi e frutteti cereali, vigneti e impianti di kiwi fino ai centri abitati con addirittura tranquille passeggiate sul lungomare, fra abitazioni e negozi. In Puglia i cinghiali imperversano con attacchi agli animali nei pascoli e raid nelle campagne con una recrudescenza del fenomeno proprio nel periodo di emergenza coronavirus con branchi in provincia di Bari soprattutto sull’Alta Murgia e sul Gargano in provincia di Foggia. In Sardegna avvistato un branco che girava tranquillamente la notte a Sassari, mentre in Sicilia la situazione sulle Madonie, nel Palermitano, è tragica con i cinghiali che usano il fieno delle aziende per dormire dopo aver devastato i campi seminati con stesso problema sui Nebrodi nel Messinese mettendo a rischio anche l’incolumità degli agricoltori che ogni giorno rischiano di essere attaccati.
In Italia ci sono diecimila incidenti stradali all’anno causati da animali selvatici e oltre otto italiani su 10 (81%) – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè – pensano che l’emergenza cinghiali vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero. Il 69% degli italiani ritiene che siano troppo numerosi mentre c’è addirittura un 58% che li considera una vera e propria minaccia per la popolazione, oltre che un serio problema per le coltivazioni e per l’equilibrio ambientale come pensa il 75% degli intervistati che si sono formati un’opinione. Il risultato è che oltre sei italiani su 10 (62%) ne hanno una reale paura e quasi la metà (48%) non prenderebbe addirittura casa in una zona infestata dai cinghiali. La proliferazione senza freni dei cinghiali – conclude la Coldiretti – sta mettendo anche a rischio l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali anche in aree di elevato pregio naturalistico.