Per molti, cacciatori per primi, questo periodo di emergenza è stata l’occasione di impegnarsi profondamente per dare il proprio contributo, ognuno per sua possibilità e capacità, alla soluzione dei tanti problemi, anche drammatici, che ogni giorno venivano posti. Per qualcuno invece – e dispiace che proprio Legambiente sia fra questi – l’emergenza è stata colta come l’occasione per mandare alla società i propri messaggi promozionali, sfruttando l’emotività del momento.
Così, in Emilia Romagna, all’indomani dell’approvazione del calendario venatorio non trova di meglio che indicare la caccia come un pericolo per la sanità pubblica. In questo periodo, si sa, siamo tutti un po’ virologi, ma saremmo curiosi di sapere dalle Associazioni ambientaliste per quale motivo solo la caccia rischia di contagiare il prossimo e non tutte le altre attività motorie e sportive, comprese quelle da loro normalmente promosse e organizzate.
Se è valida la valutazione di Legambiente sulla “non necessità della caccia” allora l’associazione dovrebbe per coerenza applicare lo stesso concetto a tutte le attività motorie consentite dal DPCM del 4 maggio, e di conseguenza anche al suo stesso operato, che in molti casi può essere considerato del tutto non necessario. Passando poi dalle opinioni ai fatti, Legambiente ha perso una ottima occasione per tacere.
La caccia è attività che si svolge all’aperto, per la quale è possibile attuare, in tutte le sue forme, ogni precauzione di distanziamento sociale e protezione personale, come richiesto dalle disposizioni per il contenimento del contagio da Covid 19. Questo vale per la caccia di selezione – forma singola di prelievo per definizione – così come per la caccia “tradizionale”, che aprirà secondo il calendario venatorio approvato dalla Regione Emilia Romagna il prossimo 1° settembre. In merito alla caccia al cinghiale in braccata, l’opinione di Legambiente che tale tipo di caccia sia fonte di contagi, risulta nei fatti mera fantasia.
A questo proposito, infatti Federcaccia Emilia Romagna stessa, sta lavorando a un “Protocollo di sicurezza” per evitare forme di contatto e assembramenti di qualsiasi tipo proprio a tutela dei partecipanti alla braccata e di tutti i cittadini. Se perdureranno le disposizioni generali di evitare assembramenti, ci saranno anche indicazioni precise per le squadre e i cacciatori, i quali come sono abituati a fare, rispetteranno le regole con molta attenzione.
Sulle specie oggetto di caccia poi, Legambiente evidentemente non conosce la materia o, più facilmente, fa finta di ignorarla: la classificazione SPEC da lei richiamata infatti, oltre a non avere alcun valore ufficiale – che al contrario hanno le valutazioni dell’IUCN fatte proprie dalla Commissione Europea – non ha alcuna relazione con la possibilità di cacciare determinate specie. Infatti lo stesso ISPRA, che di sicuro non è una associazione venatoria, considera cacciabili numerose specie di uccelli oggi classificate SPEC1, SPEC2, SPEC3. Consigliamo a Legambiente un po’ di approfondimenti prima di lanciarsi in affermazioni palesemente prive di fondamento.
Ancora più sconcertante il madornale errore sulla definizione di “abbattimento accertato”: contrariamente a quanto affermato da Legambiente, tale dizione è stata ritenuta corretta dalla Corte Costituzionale che con sentenza n. 40 dell’anno 2020, relativa alla Legge della Regione Liguria ha stabilito la correttezza della definizione “abbattimento accertato”. In conclusione, non possiamo che rimandare al mittente la richiesta di rivedere i provvedimenti correttamente emanati dalla Regione Emilia Romagna.
Accompagnandola all’invito di spingere meno sul pedale della paura e concentrarsi sulle cose concrete.
(Federazione Italiana della Caccia Emilia Romagna)