Le squadre cinghialiste Umbre protestano con la Regione per le novità imposte sulla gestione del cinghiale e rivendicano il modello umbro fin qui applicato come migliore rispetto a quello delle altre regioni.
"Sono anni - spiegano - che mettiamo all’attenzione delle istituzioni che il vero problema cinghiale in Umbria, sia come densità sia come danni, è concentrato dentro e a ridosso dei parchi regionali, delle oasi, dei centri allevamenti e delle riserve private; tutti sono a conoscenza che i 7 parchi regionali sono allevamenti a cielo aperto, così come le oasi e le riserve private ed è qui che avvengono il 60/70% dei danni e degli incidenti stradali, ma nessuno se ne occupa, anzi evitano di verificare questi dati certificati dalle perizie degli agronomi della Regione e degli Atc (dati perizie per danni dei 3 Atc e perizie regioni per incidenti stradali)".
Le squadre dunque chiedono di applicare misure di prevenzione dei danni. "Abbiamo chiesto un fondo regionale dedicato, al fine di istituire delle recinzioni fisse elettrosaldate a corpo per le colture di pregio", inoltre i cinghialai suggeriscono di uniformare i regolamenti interni dei 3 Atc e controllare l’operato mensilmente, inoltre propongono l'istituzione di una filiera pubblica gestita e controllata dalla Regione con i capi da prelevare nelle aree protette, il cui ricavato venga impiegato per la gestione
"Pertanto - si legge nella lettera - ribadiamo la necessità di mantenere tale modello di gestione, delegando alle squadre l’intera gestione dei settori assegnati almeno per 5 anni. Chiudiamo con una nota dolente sul calendario venatorio, ove ci si ostina di far cacciare i singoli, che poi singoli non sono perché sono tutte mini-squadre che arrivano anche alle 15 e più unità, forti dei mancati controlli dentro ai settori assegnati alle squadre, mettendo in serio rischio i piani d’abbattimento delle squadre con conseguente pericolo di mandare al diavolo la buona gestione della nostra regione".