No alla cancellazione dell’area vocata al cinghiale all'Isola d'Elba come soluzione ai problemi generati da questa specie. Lo dice la Confederazione Cacciatori Toscani, rispondendo alle polemiche di questi giorni, di quanti, tra sindaci e associazioni, stanno chiedendo di eliminare questa forma di caccia sull'isola.
"Il problema del cinghiale sull’isola - si legge nella nota della CCT - è legato a fattori ben diversi da quelli relativi alla caccia e alla presenza di squadre organizzate sul territorio che al contrario, svolgono un ruolo essenziale nel controllo di questa popolazione. Bene ha fatto il presidente dell’ ATC Livorno 10 Arcipelago Toscano – Avv. Carlo Simoni a rimarcare alcuni aspetti fondamentali su cui ragionare per giungere ad una serie di azioni condivise da portare avanti anche con la collaborazione dei cacciatori, delle squadre e dello stesso ATC.
“… il problema ungulati è emerso nelle attuali proporzioni solo successivamente all’istituzione del Parco Nazionale che ha interdetto alla gestione faunistico venatoria oltre il 70% del territorio elbano, peraltro quello maggiormente vocato alla fauna ed alle specie ungulate e dove ovviamente non c'è pressione venatoria. Un territorio, quello del Parco, in grado di offrire rifugio a popolazioni numerose le quali, tuttavia, per alimentarsi o approvvigionarsi di risorse idriche, sono costrette a traslocare nelle adiacenti aree aperte a vocazione agricola.”
Il Parco Nazionale nel contesto dell’Isola D’Elba interessa una superficie agricola forestale (SAF) di 11.893 ettari, il territorio incluso all’interno del perimetro del parco è per circa il 94,7% occupato da formazioni forestali, mentre il territorio della cosiddetta Area vocata è composto solamente da 5.051 ettari.
Inoltre lInoltre l’ ATC ricorda che l’eliminazione normativa delle Aree Vocate ossessivamente richiesta dalle varie associazioni ambientaliste, animaliste, nonché dagli agricoltori, porterebbe nei fatti all’eliminazione della possibilità della caccia al cinghiale sull’isola con il metodo della braccata. Ciò paradossalmente non andrebbe a risolvere il problema ma lo aumenterebbe esponenzialmente poiché verrebbe a mancare il prelievo venatorio annuale delle 3 squadre di caccia al cinghiale insistenti sul territorio.
“… Sono già stati resi noti alla stampa i numeri degli abbattimenti nel periodo venatorio (nelle sole aree vocate) che si distribuiscono nell'arco temporale di 36 giornate di caccia in braccata nel periodo 1 novembre – 31 gennaio e che corrispondono alla non trascurabile cifra di oltre 350 capi abbattuti (annata venatoria 2019 -20) che eguagliano se non superano, proporzionalmente, i risultati ottenuti dal PNAT sul “suo” ben più grande territorio (pari a circa il 70% del territorio Elbano) nell'arco dei 365 giorni con l'utilizzo del metodo delle catture con gabbie e dell'abbattimento con i punti sparo assegnati ai selecontrollori abilitati.”
La proposta di cancellazione dell’area vocata oltrechè demagogica rischierebbe di aumentare i problemi sulla presenza del suide e d impedire lo svolgimento e l’efficacia della caccia in braccata che risulta sicuramente uno dei più importanti strumenti di gestione e di prelievo della specie. L’auspicio è quello di aprire un tavolo di confronto serio e sgombro da pregiudizi con tutti i soggetti interessati per evitare inutili "guerre sante" e favorire l’adozione di misure sinergiche tra enti e soggetti territoriali, chiude Cct.