Intervenendo direttamente sulle polemiche di questi giorni, dalle pagine di Repubblica, Piero Genovesi, responsabile Coordinamento fauna Ispra, spiega che allo stato attuale non è possibile sostituire l’abbattimento dei cinghiali in esubero con i cosiddetti metodi incruenti. Se infatti è utile potenziare alternative agli abbattimenti, incrementando misure quali recinzioni, segnali, cartellonistica stradale e soprattutto evitare disponibilità di cibo in città, la realtà dei fatti è una sola: l’abbattimento ad ora è e rimane la soluzione principale.
Genovesi, da tecnico, porta in evidenza i risultati di un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Plos One, che ha analizzato nel dettaglio la demografia del cinghiale per capire se la sterilizzazione possa realmente rappresentare un’alternativa alla rimozione. Le analisi sono state condotte da un team di ricercatori di ISPRA, del Centre for Ecosystems, Society and Biosecurity, Forest Research, e del National Wildlife Management Centre, Animal and Plant Health Agency, agenzia britannica che da anni si occupa di sterilizzazione di fauna selvatica . I risultati indicano che questa soluzione al momento non può sostituire le rimozioni per ridurre il numero di cinghiali, ma al massimo potrebbe, se applicata molto estesamente nelle popolazioni insieme agli abbattimenti, concorrere ad aumentare l’efficienza delle rimozioni accelerandone gli effetti.
“Il team di ricercatori italiani ed inglesi, che comprende Barbara Franzetti di ISPRA che da anni studia la popolazione di cinghiali della tenuta di Castelporziano, ha in particolare analizzato i vaccini immunocontraccettivi che riducono la fertilità, stimando in quanto tempo e con quale probabilità si sarebbe potuto ridurre la densità delle due popolazioni studiate sterilizzando e rimuovendo percentuali crescenti di animali. I risultati evidenziano che anche garantendo il mantenimento costante dell’80% di femmine sterilizzate non si osserverebbero riduzioni, nemmeno proseguendo l’azione per oltre 10 anni. Invece, se ogni anno si rimuovesse l’80% dei cinghiali presenti, si otterrebbe rapidamente un drastico calo delle popolazioni” spiega Genovesi nel suo articolo.
Non solo, va anche aggiunto, secondo il tecnico Ispra, che al momento l’uso di questa tecnica (la contraccezione) resta al momento solo teorica, perché non esistono ancora vaccini contraccettivi che possano essere somministrati per via orale. Il che significa che allo stato attuale non è possibile fare a meno di catturare l’animale e iniettare il vaccino per via intramuscolare: “un obiettivo impossibile da raggiungere nella pratica su numeri ampi” scrive Genovesi. Per non parlare della questione burocratica. L’utilizzo in Italia non sarebbe permesso perchè questi vaccini devono prima essere approvati dalle autorità sanitarie. I cinghiali sterilizzati inoltre non smettono di procurare danni. Sulle polemiche riguardo all’abbattimento di cinghiali catturati a Roma, tecnicamente poco altro si poteva fare, dato che, come spiega lo scienziato, “una norma introdotta da qualche anno vieta il rilascio di cinghiali in ambienti naturali, e quindi lo spostamento degli animali fuori dalla città non è possibile; cinghiali possono essere immessi solo in aree recintate, che nella quasi totalità dei casi sono destinate alla caccia”.