Camillo Langone sta dalla parte della tradizione e oggi, San Martino, sul quotidiano "Il Foglio", ha messo a disposizione dei lettori una riflessione sulle oche (Ode a San Martino, contro il veganismo), ma - dice - "vale anche per i cinghiali e forse per i cervi e i daini.
Leggiamola.
"San Martino, per onorarti ho cercato un’oca, ricerca difficile sempre se non si abita vicino a Mortara o a Padova, difficilissima oggi per un’epidemia che ha fatto impazzire i miei connazionali. Per onorarti e dunque per recitare, stasera, il proverbio “Oca, castagne e vino, tieni tutto per San Martino”. L’ho trovata. Purtroppo già macellata, avrei voluto macellarla io ma il meglio è nemico del bene: macellerò, a Dio piacendo, in tempi migliori. “La vuole tagliata?”, mi ha chiesto l’eccelso pollivendolo al momento della prenotazione. “Giammai!”. Non ho i coltelli giusti né le competenze sufficienti, e tagliare un’oca non è come tagliare un mantello, San Martino, ma tagliare un’animale significa prendersi la responsabilità del medesimo, partecipare alla sua uccisione, meritare di nutrirsene. Suderò, imprecherò, mi sporcherò: sarà bellissimo.
E penserò a coloro che non hanno mai mangiato l’oca e che anzi non concepiscono di mangiare l’oca. Li immaginerò “corpi docili”, come Foucault chiamava le persone ligie alla disciplina sociale. Ho sviluppato questo pensiero: i corpi docili, quando non ancora veganizzati, tendono a cibarsi di animali flebili, carni bianche, pallide, insapori, petti di pollo, fettine di vitello, branzini di allevamento… Mentre gli uomini fieri sono attratti dalla carne degli animali fieri (l’oca è pennuto fierissimo). San Martino, tu che fosti militare e che da vescovo combattesti il paganesimo con piglio guerresco, puoi capirmi e benedire la mia cena".