Sulla Sentenza della Corte Costituzionale sul controllo della fauna in Toscana, interviene il Presidente nazionale di Arci Caccia Piergiorgio Fassini
“La Sentenza n. 21/2021 della Corte Costituzionale: un nuovo approccio alla questione del controllo faunistico da parte del Giudice delle Leggi ma, anche, la conferma che la L. n. 157/1992 deve essere letta, in chiave interpretativa, secondo la realtà attuale.”
È quanto sostiene il Presidente nazionale Arci Caccia Piergiorgio Fassini dopo aver letto la decisione della Corte Costituzionale depositata mercoledì scorso.
“La decisione – è vero – riguarda una serie di norme in materia di controllo faunistico (quelle previste dal comma 2 dell’articolo 19 della L. n. 157/1992 ndr) relative alla Regione Toscana” precisa Fassini “ma l’analisi complessiva che la Corte fa della questione ha rilevanza per tutto il contesto nazionale.”
“Sono stato inizialmente insospettito dalla dimensione della decisione (ben 12 pagine) dove, non più tardi di un anno fa e sino ad allora, la stessa Corte ha sempre liquidato la questione in termini che possiamo definire, ma così ne parla la stessa sentenza, aritmetici, di mera sommatoria: l’elenco delle figure previste dalla norma nazionale non può essere integrato da altre figure nell’ambito di norme regionali. E così, dal 2005 e sino a ieri e secondo questa visione, sono state cassate norme emanate praticamente da tutte le Regioni d’Italia. Unica superstite quella della mia Regione, il Veneto e poi capiremo anche il perché.” prosegue il Presidente “A cosa potevano servire 12 pagine per definire una questione nota nei modi ormai consolidati?”.
“La spiegazione” rileva ancora Fassini “si ricava leggendo la Sentenza: la Corte ed il Relatore incaricato, per la prima volta e mi passi l’esempio figurativo che vuole essere rispettoso della Corte, non si fermano a guardare le sole carte sul tavolo, ma rileggono la 157 nel suo insieme e, soprattutto, la rileggono aprendo la finestra: solo così è possibile apprezzare come è cambiato il contesto complessivo legato alla fauna selvatica, come è cambiato il contesto amministrativo a cui la stessa è affidata dopo il passaggio della Delrio, richiamando nel contempo il Codice dell’Ambiente e anche i principi comunitari di precauzione, di adeguatezza e di proporzionalità applicati alla protezione della fauna.”.
“Il percorso argomentativo seguito dalla Corte è talmente chiaro, lineare ed esplicito” prosegue Fassini “che non è nemmeno necessario per me parafrasare i passaggi più rilevanti, ma semplicemente richiamarli. Sostiene infatti la Corte: l’integrazione disposta dalla norma regionale censurata merita di essere considerata come un’espressione legislativa che aumenta lo standard minimo di tutela ambientale previsto dalla disposizione statale: è infatti rivolta a riportare a un livello fisiologico la consistenza del personale qualificato destinato a eseguire i piani di abbattimento, ciò che appare necessario per attuare gli obiettivi, anche di tutela dell’ecosistema, previsti dallo stesso comma 2 dell’art. 19 della legge n. 157 del 1992. La giurisprudenza di questa Corte, del resto, è costante nell’affermare che la collocazione della materia «tutela dell’ambiente [e] dell’ecosistema» tra quelle di esclusiva competenza statale non comporta che la disciplina statale vincoli in ogni caso l’autonomia delle Regioni. «Il carattere trasversale della materia, e quindi la sua potenzialità di estendersi anche nell’ambito delle competenze riconosciute alle Regioni, mantiene, infatti, salva la facoltà di queste di adottare, nell’esercizio delle loro attribuzioni legislative, norme di tutela più elevata» (sentenza n. 7 del 2019). Questa Corte ha anche precisato che «la valutazione intorno alla previsione di standard ambientali più elevati non può essere realizzata nei termini di un mero automatismo o di una semplice sommatoria […] ma deve essere valutata alla luce della ratio sottesa all’intervento normativo e dell’assetto di interessi che lo Stato ha ritenuto di delineare nell’esercizio della sua competenza esclusiva» (sentenza n. 147 del 2019).”
“Si può quindi concludere che la censurata integrazione, da un lato, non si svolge in contrasto con la ratio della disposizione statale, né altera la procedimentalizzazione da questa prevista: l’autorizzazione dei piani di abbattimento e la verifica dell’attuazione dei medesimi restano, infatti, attività di esclusiva competenza dell’amministrazione pubblica, al cui personale rimane inoltre assegnato il coordinamento della fase esecutiva. Dall’altro, essa è funzionale all’effettivo conseguimento anche delle stesse, prevalenti, finalità di tutela ambientale – che altrimenti rischierebbero di rimanere inattuate a causa di un’inadeguata disponibilità di personale qualificato – in ragione delle quali la norma statale prevede il controllo faunistico. La norma censurata, riconducibile, come si è visto, anche a plurime competenze legislative regionali (tra le quali il governo del territorio, l’agricoltura, la protezione civile, la tutela della salute), risulta quindi funzionale a consentire di perseguire effettivamente le suddette finalità; pertanto, si dimostra idonea a incrementare lo standard minimo di tutela ambientale stabilito dalla legge statale.”.
“Al di là della mera questione specifica” sottolinea il Presidente “la Corte evidenza che l’operatore volontario formato e che opera in regime di controllo e coordinamento della Vigilanza istituzionale svolge attività (tra l’altro, di pubblico servizio) del tutto sovrapponibile a quella svolta in materia dal personale di istituto e, alle medesime condizioni, la sua attività non è nociva o lesiva dell’ambiente e degli habitat ma, per usare le stesse parole della Corte, idonea a incrementare lo standard minimo di tutela ambientale stabilito dalla legge statale. Con buona pace di chi ancora non vuole sia riconosciuto alla nostra categoria un ruolo di presidio e tutela dell’ambiente e del territorio e delle attività antropiche.”.
“La Corte” rileva ancora Fassini “non manca poi di evidenziare la necessità di una lettura costituzionalmente adeguata ed aggiornata della 157 e del fatto che, rispetto ad alcuni necessari passaggi di adeguamento delle disposizioni della legge quadro, sono sul tavolo numerosi proposte in sede parlamentare oltre che, sul punto, un OdG dei Presidenti delle Regioni e PPAA del 2017, fondato su una riforma dell’articolo 19 secondo l’approccio adottato dalla Regione Veneto e che ha trovato, da subito, la nostra condivisione ed il nostro convinto appoggio all’iniziativa congiunta dei Governatori.”.
“Quindi” conclude Fassini “come dice la Corte, l’operatore formato e coordinato c’è e la sua attività, oltre che essere rispettosa della tutela del bene ambiente è anche integrativa dell’attività della Pubblica amministrazione. Aggiungo anche che l’operatore formato è disponibile, e non solo da oggi, alle nuove sfide della tutela faunistica, quali ad esempio il controllo delle specie aliene o il concorso nel controllo del possibile ingresso nel nostro territorio di zoonosi pericolose per i selvatici ma anche per molte specie di interesse zootecnico.”.