Il Coordinamento unito delle squadre di caccia al cinghiale della Regione Umbria di certo non le manda a dire. In una lunga nota di protesta in direzione dell'Assessore Morroni si parla di "comportamenti strumentali e arroganti" che "non sono degni delle istituzioni democratiche".
Grande lo sconcerto per le ultime dichiarazioni dell'Assessore, secondo cui la braccata sarebbe "un fallimento delle politiche venatorie", a cui portano in contrasto i dati relativi agli abbattimenti: "dei circa 18-20 mila cinghiali abbattuti ogni anno in Umbria, quasi tutti sono stati prelevati con il metodo della braccata dalle squadre cinghialiste iscritte all’albo degli ATC Umbri". I cinghialai contestano la mancata inclusione del mondo venatorio nel processo decisionale che sta portando alla modifica dei regolamenti. A tal proposito chiedono un Piano per la gestione della specie condiviso con tutti gli attori coinvolti e argomentano le proprie proposte. Eccole:
"Partiamo dal presupposto che, per la caccia al cinghiale, il territorio dovrebbe essere suddiviso in aree vocate, aree critiche e aree non vocate. Nelle prime, interamente boschive, la caccia andrebbe esercitata esclusivamente in braccata eliminando, ai fini della sicurezza e della gestione, la cerca in forma singola; nelle seconde, che presentano boschi, fossi, campi abbandonati e appezzamenti coltivati, le tecniche più idonee sono quelle in forma singola o in girata, vale a dire piccole battute in gruppi da tre fino a sei cacciatori; infine, le aree non vocate - a prevalenza di coltivazioni - ben si prestano alla caccia di selezione. Fatta questa doverosa premessa tecnica, chiediamo all'assessore Morroni: come pensa di gestire il prelievo della specie cinghiale anche alla luce degli ultimi provvedimenti approvati dalla Giunta Regionale? Come pensa di garantire la sicurezza e l’incolumità pubblica, vista la sovrapposizione delle varie forme di caccia?
Altro capitolo merita il calcolo della densità della specie, il cui metodo va certamente rivisto considerando che il cinghiale può spostarsi anche di 50 chilometri nell'arco di una sola notte. Visto e considerato che molti settori di caccia al cinghiale sono posti a confine di regione oppure con aree protette, dove la gestione non compete né alle squadre cinghialiste né alle altre forme di caccia, quali saranno le tecniche per arrivare a censimenti verosimili?
Parliamo poi dei danni alle coltivazioni causati dalla fauna selvatica: qualora i fondi, prelevati dalla tassa di concessione regionale che tutti i cacciatori pagano annualmente, non dovessero bastare a coprire gli indennizzi, chi pagherebbe la differenza? Fino ad oggi eventuali integrazioni di fondi sono state chieste esclusivamente ai componenti delle squadre cinghialiste, in base alla L.R. 17 del 29 luglio 2009, come previsto dall’art. 5 del R.R. N. 5 del 24 febbraio 2010. Questo articolo verrà abrogato? Sarà modificato in base alle varie tipologie di caccia al cinghiale? Per l’immediato, viste le difficoltà economiche degli ATC umbri, anche a causa della pandemia, vorremmo proporre alla Regione Umbria di utilizzare a copertura dell’ammanco quel 33% della tassa di concessione regionale (tassa pagata esclusivamente dai cacciatori) che oggi viene gettato nella fiscalità generale, e che garantirebbe agli agricoltori il giusto compenso per il lavoro svolto, con la copertura totale del danno subito. Oltretutto vorremmo capire come sarà gestito il fondo previsto nel decreto Ristori di Draghi, in cui sono garantiti risarcimenti agli agricoltori per i danni della fauna selvatica.
Chiediamo alla Regione Umbria di essere ascoltati attraverso le associazioni venatorie che ci rappresentano: chiediamo che siano convocate a partecipare alle decisioni che interessano l’attività venatoria in generale, prima che gli atti vengano approvati e decisi nelle stanze segrete con i soliti amici.
Alle istituzioni chiediamo di conoscere, al di là delle normali tasse per l’abilitazione venatoria che ogni singolo cacciatore deve pagare, quali sono i reali costi per ogni forma di caccia al cinghiale che ogni cacciatore dovrà affrontare per la prossima stagione venatoria, perché è inammissibile che i cacciatori debbano firmare un assegno in bianco al momento della richiesta di iscrizione all'ATC.
Concludiamo ribadendo la necessità di istituire un tavolo tecnico con tutti i soggetti interessati, al fine di redigere un piano di gestione serio e risolutivo, in grado di dare risposte concrete per il controllo della specie cinghiale".