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Rapporto Ispra, Capriolo in aumento


venerdì 29 maggio 2009
    

Capriolo in aumento Rapporto IspraIl capriolo, inserito nella lista rossa di IUCN nella categoria Least concern, è considerata una specie a basso rischio di estinzione a livello globale.  In Italia è presente in due grandi sub areali che interessano prevalentemente l’arco alpino e la dorsale appenninica centrale.

Nel 2005 - ci dice l'Ispra - la consistenza stimata della popolazione di Capriolo italiana ammontava a 425.874 capi, con un incremento rispetto al valore registrato nel 2000 pari al 26%. La tendenza delle popolazioni – secondo il Rapporto - è dunque positiva, anche se gli incrementi della popolazione sono per lo più concentrati in alcune aree dell’Appennino centro-settentrionale e delle Alpi centro-occidentali. In Trentino Alto Adige ed in Lombradia si è assistito invece ad una recente flessione delle consistenze.

La specie è prelevata in 46 delle 67 province in cui è presente, i prelievi si concentrano al nord e al centro, in tutta l’Italia centromeridionale, a partire dal Lazio – con l’eccezione della provincia di Viterbo –, la specie non è oggetto di gestione venatoria.  Nella stagione 2004-2005 sono stati abbattuti nel complesso 46.507 capi, con un aumento del 33% rispetto a quanto riscontrato nella stagione1999-2000 (34.850 capi).

Uno dei principali problemi di conservazione legati all’attività venatoria – secondo il Rapporto dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - sono il mantenimento della caccia in braccata in alcune Provincie nord-orientali e sarebbe dunque opportuna una modifica della legge quadro nazionale che preveda la caccia di selezione come unica forma di prelievo per il Capriolo, così come per gli altri Ungulati (con la sola eccezione del Cinghiale). Come elemento critico l'Ispra evidenzia anche la tendenza, ancora relativamente diffusa anche ove viene praticata la caccia di selezione, a prelevare preferenzialmente la classe maschile.

In diversi casi infine la gestione venatoria della specie sembra condizionata dalla mancata applicazione di una corretta e scrupolosa stima delle popolazioni, nonché dalle richieste del mondo venatorio ed agricolo, che orientano le decisioni degli enti gestori indipendentemente da valutazioni oggettive sullo status e la dinamica delle popolazioni locali.

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