Francesco Battistoni classe ’67 una laurea in scienze politiche alle spalle e una lunga gavetta nelle file di Forza Italia, fino a raggiungere i vertici della dirigenza politica nella Provincia di Viterbo dove ha studiato e approfondito le tematiche preminenti per quel bellissimo territorio e in modo particolare le tematiche ambientali, agricole e venatorie. Mario Draghi lo ha voluto al fianco del ministro Patuanelli come sottosegretario di Stato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ministero creato ad hoc per valorizzare ambiente e agricoltura del Bel Paese, a partire dagli investimenti previsti nei fondi che arriveranno da Next Generation EU.
Lo abbiamo contattato per sottoporgli alcune domande e disegnare una visione di insieme su ciò che in modo particolare il mondo agricolo e venatorio si deve aspettare nei prossimi mesi.
Sen. Battistoni innanzi tutto congratulazione per esser stato chiamato nel governo più importante dal dopoguerra ad oggi, se lo aspettava?
Ritiene che sia stata una scelta saggia anche per il suo territorio?
RIS: Essere chiamato a far parte del governo del proprio Paese è sicuramente un motivo di grande orgoglio. Lo è per me, e lo è per un territorio che merita di essere rappresentato nelle massime istituzioni italiane. Il settore dell’agricoltura, a Viterbo, pesa notevolmente nell’economia generale e rappresenta molto anche per l’Italia: siamo la terza provincia per allevamento di ovini e siamo la prima provincia per coltivazione di nocciole, pensi che da soli produciamo il 27% del totale nazionale… Questi sono dati che ci proiettano in alto e di questo andiamo fieri.
La provincia di Viterbo ha, nell’agricoltura, nel turismo enogastronomico, nell’ambiente e anche nella caccia, uno straordinario benchmark rappresentativo di gran parte del territorio nazionale (fatto salvo solo la zona delle Alpi).
Ritiene che il modello Viterbo possa essere un modello da imitare ed esportare nelle zone meno sviluppate del Paese?
RIS: È innegabile che in Italia ci sia un sottosviluppo infrastrutturale in alcuni territori di prossimità; territori in cui l’agricoltura, nella maggior parte dei casi, è il comparto prevalente. Sono aree dove esiste una solida cultura dell’agroalimentare e dove vengono custoditi i segreti di questo incredibile lavoro che è l’agricoltura. Ma l’Italia vanta una straordinaria qualità: la resilienza. Per cui, nonostante il digital divide e la mancanza di collegamenti infrastrutturali adeguati, teniamo duro, continuiamo ad andare avanti e, nella maggior parte dei casi, vincere le nostre scommesse.
Riguardo a Viterbo, c’è una forte necessità di crescere a livello infrastrutturale, ma non lo definirei un territorio sottosviluppato. Anzi, proprio grazie anche all’agricoltura si è creato un tessuto produttivo che riesce a garantire reddito ed a immettere sul mercato prodotti d’eccellenza. Penso all’olio d’oliva, al vino, agli ortaggi, al miele come ai formaggi. L’elenco è lungo, lunghissimo. Per cui sì, Viterbo può essere presa come esempio per la sua vivacità imprenditoriale e la fantasia che, mescolata alla tradizione, sta facendo venir fuori aziende importanti, molte delle quali stanno ricevendo anche diversi premi nazionali.
Da un anno non si parla d’altro, e sarebbe strano non parlarne ora: qual è stato l’impatto sul settore ambiente e agricoltura nell’anno che abbiamo avuto alle spalle?
RIS: La pandemia ha lasciato il segno in ogni settore produttivo italiano. I dati che ci arrivano sull’analisi del 2020 sono impietosi. Il lockdown ha fermato comparti interi, nonostante ciò, l’agricoltura ha continuato a lavorare, senza mai fermarsi. E lo ha fatto tra mille difficoltà, con grandi risultati, senza mai far mancare nessun prodotto sul banco ortofrutticolo. Questo lo si deve alla dedizione ed al sacrificio dei nostri agricoltori.
È chiaro che la filiera ha molto risentito della chiusura del settore ho.re.ca., che non ha dato sfogo ad alcuni dei prodotti più caratteristici italiani, come il vino ad esempio. I magazzini non son riusciti a smaltire le scorte e la grande produzione avvenuta nel 2019 e nel 2020 è rimasta in coda.
A questo dobbiamo aggiungere che il 2020 è stato l’anno dei dazi Usa per la spinosa vicenda Airbus: formaggi, spiriti e salumi italiani hanno fortemente risentito del muro commerciale innalzato dal primo Paese di esportazione quali sono gli Stati Uniti d’America per l’Italia.
Guardiamo al 2021 con ottimismo, consapevoli che la campagna vaccinale sarà fondamentale per uscire dalla pandemia e per tornare a guardare al futuro con più serenità.
Senatore Battistoni, i nostri lettori avrebbero piacere di conoscere la sua opinione sul delicato, ma anche strategico, rapporto agricoltura e gestione faunistico venatoria, le maggiori associazioni di rappresentanza agricole e venatorie sono preoccupate per gli ingenti danni attesi dalla fauna selvatica soprattutto in termini di danni agricoli e incidenti stradali, qual è la sua opinione?
RIS: Questo è un argomento a me molto caro. Che ho affrontato da sindaco, da assessore provinciale, da assessore regionale, da senatore, e che ora affronterò dai banchi dell’esecutivo.
In Italia, da tempo ormai, leggiamo fatti di cronaca quotidiani causati dalle ingerenze della fauna selvatica nella vita dell’uomo. Fatti purtroppo spiacevoli, che in alcuni casi sono coincisi con la morte di innocenti.
Sono due i principali ordini di problemi che derivano da una proliferazione della fauna selvatica senza controllo: quello della sicurezza delle persone, poiché molti ungulati ormai raggiungono abitualmente i centri abitati; e quello nel mondo dell’agricoltura, dove animali selvatici distruggono interi raccolti o dimezzano i capi d’allevamento.
Sono temi che meritano estrema attenzione perché la conta dei danni è inimmaginabile. È compito delle istituzioni far in modo che gli agricoltori siano messi nella condizione di poter lavorare e guadagnare con il loro lavoro. Su questo tema le Regioni hanno competenza per poter incidere, e devono fare sicuramente di più, sia come ristoro dal danno subìto, sia come sviluppo di progettualità innovative atte alla prevenzione.
Le molte limitazioni agli spostamenti, la caccia proibita in zona rossa e fortemente limitata in arancione, hanno contribuito non poco a disallineare il delicato equilibrio gestionale tra fauna e agricoltura, intende questo governo impegnarsi per definire in maniera organica un piano che dia certezza del diritto ai cacciatori e anche agibilità in sicurezza per chi è chiamato a svolgere questo ruolo e la passione per la caccia?
RIS: È un argomento molto delicato e sarà tra le mie priorità. Reputo necessario dare la possibilità ai nostri agricoltori di lavorare con dignità, è compito nostro metterli nelle migliori condizioni possibili per esercitare il loro diritto alla produttività. Per questo abbiamo il dovere di porre un freno all’espansione incontrollata della fauna selvatica.
Riguardo alla caccia, le uniche certezze che attualmente si hanno, risiedono nella normativa nazionale, che però è ferma al 1992. Quando le Regioni sono intervenute con provvedimenti propri, anche all'avanguardia rispetto alla rigidità della norma nazionale, sono venuti in essere diversi ricorsi e si sono create molte tensioni tra vari livelli di governo. Prendiamo ad esempio l'articolo 19 della legge Nazionale, che non prevede l'utilizzo dei cacciatori formati per effettuare il controllo. Nel corso del tempo le normative regionali hanno iniziato a lavorare sulla figura del selecontrollore, inserendola nelle normative come operatore coadiuvante gli organi di polizia Provinciale. Questo ha generato una serie di controversie giudiziarie, ed ancora oggi se ne discute. Questo è solo un esempio, ma evidenzia con esattezza come sia necessario mettere mani a un aggiornamento della normativa.
La incalzo su questo con alcune considerazioni: nell’anno passato da una fase emergenziale acuta si è passato alla fase del ragionamento e della seconda ondata pandemica, quest’ultima ha coinciso con la stagione venatoria la quale nonostante ciò è stata fortemente ridimensionata soprattutto perché non ci è stata una regia univoca su tutto il territorio nazionale, ricordiamo peraltro che nel precedente governo proprio la commissione Colao aveva classificato la Caccia in fascia verde per il rischio pandemico. Ritiene che sia utile parlarne con le Regioni in conferenza Stato Regioni per decidere un modello valido e omogeneo per tutta Italia senza affidarsi a confuse ordinanze di iniziativa delle singole regioni e peraltro anche difformi tra loro?
RIS: L'attività venatoria è uno degli strumenti gestionali legati ai tempi biologici della selvaggina, in quanto tale è improcrastinabile. I vari provvedimenti regionali e nazionali hanno influito fortemente sui risultati dei piani di prelievo, riducendo l'efficacia gestionale degli abbattimenti programmati; ciò ha procurato un grave danno per l’agricoltura e per l’ambiente. In particolare, relativamente alla specie del cinghiale, si ha la sensazione che in tarda primavera ci troveremo a dover fronteggiare un violento impatto, senza considerare il rischio di diffusione della peste suina africana, di cui il cinghiale è formidabile veicolo, tenuto conto che i focolai presenti nell’Europa dell’Est si stanno minacciosamente avvicinando ai nostri confini. Tutto ciò andrebbe scongiurato, il ministero ne è consapevole, ci stiamo lavorando.
Per la tutela dei danni agricoli e la caccia di selezione (deputata a ciò) ritiene che sia giusto e urgente provvedere fin da ora a disegnare un “deal” senza aspettare l’inizio della prossima stagione venatoria anche in previsione delle stesure definitive dei calendari venatori e degli accordi interregionali che vengono stabiliti nelle prossime settimane?
RIS: Non tutte, ma molte Regioni si sono attivate per consentire la caccia selettiva in zona arancione o rossa; ma occorre fare un passo in avanti consentire a questi cacciatori di uscire dalle aree metropolitane, per permettere loro di poter eseguire un corretto piano di prelievo. Senza le grandi aree urbane si ha una forte penalizzazione in termini di risorse umane, perché spesso i cacciatori residenti rappresentano una rilevante percentuale degli iscritti ai distretti di gestione provinciali.
Inoltre, auspico fortemente vi sia la sensibilità di condividere un accordo programmatico preventivo, nell’interesse generale, non solo del settore agricolo, ma anche dei cittadini, la cui incolumità è messa a rischio da un’eccessiva proliferazione di fauna selvatica.
Andrea Severi