L'avvocato Daniele Carmenati in un comunicato stampa interviene a proposito della travagliata vicenda giuridica marchigiana relativa alle funzioni pubbliche degli Atc. Dopo le diverse sentenze sul tema, ora c'è l'archiviazione di un procedimento penale nei confronti del Presidente dell'At An2 in merito al mancato ristoro dei danni causati dalla fauna selvatica ad un'Azienda Agricola.
Ecco il comuniato:
Con la presente, si rende nota l’intervenuta archiviazione di un procedimento penale instaurato a carico dell’assistito Sig. Staffolani Adriano, Presidente dell’Ambito Territoriale di Caccia Ancona 2 (di seguito anche ATC An2), da parte di un soggetto titolare di una Azienda Agricola del comprensorio fabrianese, per fattispecie di reato di rilevante gravità e disvalore giuridico e sociale.
L’Ambito Territoriale di Caccia An2, come altre piccola realtà associative, sta vivendo in questo delicato momento storico delle gravi difficoltà, connaturate ad una gestione resa sempre più complessa dalla sovrapposizione di normative privatistiche e pubblicistiche, con ingerenza di elementi di diritto comunitario, amministrativo e costituzionale; nel difficile contesto descritto, sono emerse problematiche connesse ad una limitata disponibilità di fondi e ad un rilevante contenzioso promosso dagli agricoltori le cui coltivazioni subiscono i danni della fauna selvatica.
L’ATC An2, e per esso il Presidente, nonostante le sempre maggiori difficoltà operative, ha comunque operato tentando di non scontentare nessuno e di corrispondere quanti più indennizzi possibile, anche nei periodi di maggiore difficoltà operativa. La carica di Presidente di A.T.C. è peraltro ricoperta a titolo quasi volontario, atteso che la carica non prevede retribuzioni ma unicamente dei rimborsi spese.
E’ notorio che gli AA.TT.CC. sono enti di diritto privato, pur svolgendo anche limitate ingerenze pubblicistiche per la natura di alcuni servizi svolti, tuttavia il Presidente Sig. Staffolani è risultato comunque destinatario, nel dicembre 2017, di una denuncia/querela per i delitti di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) e omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.), sul presupposto della violazione di un termine per il riscontro all’accesso agli atti, termine peraltro neppure specificamente previsto da alcuna norma di legge. All’esito delle valutazioni di rito, il Procuratore Capo della Repubblica che ha trattato il fascicolo ha immediatamente provveduto alla richiesta di archiviazione del procedimento per manifesta infondatezza della notizia di reato, “in quanto – come dedotto correttamente dalla difesa, che ha prodotto altresì pronunce in merito in materia – in realtà l’indagato, nell’esercizio delle funzioni di Presidente dell’Ente territoriale della Caccia di Ancona non ricopre una funzione pubblica e, quindi, non può essere ritenuto responsabile di un reato “proprio”, come quello ex art. 328 c.p., di cui il denunciante invoca l’applicazione”. Immediatamente a seguire, il Giudice per le Indagini Preliminari e per l’Udienza Preliminare ha accolto l’istanza di archiviazione in oggetto e disposto la restituzione degli atti. La parte lesa da tale arbitraria iniziativa, ossia il Presidente Adriano Staffolani, ha ritenuto di tutelare i propri diritti e la propria immagine ratificando apposito esposto-denuncia per calunnia a carico dell’originario querelante.
Tale vicenda si inserisce in un dibattito, ancora piuttosto acceso, relativo all’effettivo assetto giuridico degli A.T.C., in cui peraltro sono state fornite da più parti delle interpretazioni distorte dei precedenti della giurisprudenza amministrativa, tanto che ad oggi risulta piuttosto diffusa l’erronea convinzione che l’A.T.C. sia un ente pubblico tout court.
In realtà, se in ambito amministrativo alcuni TAR hanno – peraltro correttamente – osservato che “l’ambito territoriale di caccia non perde la preminente natura di associazione di diritto privato, ma per determinate attribuzioni svolge funzioni pubbliche mediante l’esercizio di poteri autoritativi” (TAR Liguria, Sez. II, 10 giugno 2013 n. 907; TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 11 giugno 2013 n. 561; TAR Piemonte, Sez. II 16 ottobre 2015, n. 1470; TAR Marche, 18 novembre 2019 n. 411), in ambito penalistico la questione è ben diversa e da ormai più di dieci anni la giurisprudenza ha osservato che “In realtà, l’Ambito Territoriale di Caccia è un’associazione non riconosciuta di diritto privato (art. 36 c.c.), priva di autonoma personalità e soggettività giuridica, volta a promuovere la caccia su una determinata area e curare la gestione dei conseguenti problemi ambientali (cfr. Corte Appello Potenza, 28 maggio 2008, per una controversia in materia di lavoro). … Gli interessi che i comitati di gestione dei territori per la gestione della caccia tutelano in via immediata e diretta sono quelli privati dei cacciatori, autorizzati ad esercitare l’attività venatoria in spazi territoriali delimitati e degli agricoltori, proprietari o conduttori, dei fondi ivi compresi, sia pure nel rispetto delle limitazioni e delle garanzie imposte a livello normativo, a tutela di altri interessi presenti sul territorio, che, come tali, non possono attribuire natura pubblicistica ai citati organismi esponenziali delle categorie autorizzate all’autogestione del territorio delimitato e dell’attività venatoria in esso svolta; pertanto, non essendo riconoscibile la natura pubblicistica di tali organismi, il presidente ed i componenti dei comitati di gestione non rivestono qualifica di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio; del resto, anche il rapporto che lega i dipendenti a tali organi è di natura privatistica e non può dar luogo ad alcun inquadramento nei ruoli regionali o provinciali. …Queste associazioni territoriali non gestiscono fondi pubblici regionali, ma operano con fondi propri di natura privatistica”.
(Tribunale penale Ancona, sentenza n. 226/2010 depositata in data 18 maggio 2010).
Pare anche giusto, a margine, evidenziare l’odierna prassi, altrettanto diffusa, di coinvolgere la giustizia penale per ogni vicenda anche bagatellare e di poca rilevanza (quale è appunto il mancato riscontro ad un accesso agli atti, che come noto consente, al massimo, una tutela amministrativa presso il TAR, peraltro solo se sussistono esplicite e fondate ragioni giuridiche), prassi del tutto scorretta e sconveniente che, oltre ad aggravare il già notevole carico giudiziario italiano e locale, pone il denunciante in condizione di divenire a sua volta il soggetto indagato per avere ingiustamente accusato un innocente.
Avv. Daniele Carmenati