Come già accaduto per altre stagioni venatorie, Ispra ha inviato una nota a tutte le Regioni italiane per chiedere ulteriori attenzioni sui territori interessati da incendi e da siccità. "L'’insieme di questi eventi - vi si legge - ha determinato una condizione di pregiudizio per la conservazione della fauna in ampi settori del territorio nazionale che rischia di indurre effetti negativi nel breve e nel medio periodo sulla dinamica di popolazione di molte specie esponendo ad ulteriori problemi in particolare i taxa che già per altri motivi versano in condizioni di criticità".
"Come già evidenziato in passato da questo Istituto in occasione di eventi analoghi, tenuto conto degli eventi ambientali particolarmente avversi per la fauna, si ritiene che, seguendo il principio di precauzione, in occasione della prossima apertura della stagione venatoria andrebbero assunti provvedimenti limitativi eccezionali atti a evitare che popolazioni poste in condizioni di particolare vulnerabilità possano subire ulteriori danni in particolare nelle regioni che sono state interessate da estesi incendi e condizioni climatiche estreme nel corso dall’attuale stagione estiva. Nello specifico, richiamando quanto previsto dalla legge n. 157/92, art. 19, comma 1 laddove si dispone che “le Regioni possano vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica di cui all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità”, si raccomanda di considerare le misure di seguito evidenziate.
- Addestramento ed allenamento dei cani da caccia – L’addestramento e l’allenamento dei cani comportano uno stress aggiuntivo per le popolazioni di fauna stanziale, particolarmente nel caso dei Galliformi, dei Lagomorfi e degli Ungulati, e, nelle condizioni sopra descritte, possono indurre una mortalità non trascurabile. Per questa ragione sarebbe opportuno sospendere l’autorizzazione a svolgere questo genere di attività sino al ripristino delle condizioni ambientali, incluse quelle vegetazionali.
- Caccia da appostamento – Sino a quando continuerà il deficit idrico si ritiene opportuno venga previsto il divieto di caccia da appostamento, che potrebbe determinare una concentrazione del prelievo in corrispondenza dei punti di abbeverata. Tale eventuale divieto risulta di particolare rilevanza qualora sia stata autorizzata l’anticipazione del prelievo (la cosiddetta preapertura) nei confronti di taluni uccelli.
- Caccia agli uccelli acquatici – La riduzione dell’estensione delle aree umide con caratteristiche idonee ad ospitare l’avifauna acquatica dovrebbe indurre a particolare cautela; in particolare, si ritiene opportuno venga considerato un posticipo all’inizio di ottobre dell’apertura della stagione venatoria agli Anatidi e agli altri uccelli di palude. Si ricorda peraltro che tale indicazione, motivata da considerazioni biologiche e tecniche che prescindono dalle condizioni climatiche contingenti, è contenuta nel documento “Guida per la stesura dei calendari venatori ai sensi della legge n. 157/92, così come modificata dalla legge comunitaria 2009, art. 42” a suo tempo trasmesso da ISPRA alle Amministrazioni regionali nonché ribadito nell’ambito dell’espressione da parte di ISPRA dei pareri sui calendari venatori regionali. Sulla base dell’andamento climatico che caratterizzerà il prossimo mese di settembre, si potrà valutare se la situazione si sarà normalizzata o potranno rendersi opportune ulteriori misure di tutela.
- Caccia alle specie stanziali – L’introduzione di eventuali misure atte a limitare il prelievo sulle popolazioni delle specie non migratrici andrebbero valutate caso per caso, sulla base dei dati sul successo riproduttivo raccolti a livello locale dagli organismi di gestione degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini. In assenza di informazioni dettagliate a riguardo, si suggerisce di adottate a titolo precauzionale misure volte a limitare la pressione venatoria nel corso della stagione (ad esempio attraverso il rinvio dell’apertura della caccia ad inizio ottobre e la limitazione del carniere normalmente consentito). Particolare attenzione andrebbe prestata nelle situazioni ove è prassi abituale effettuare ripopolamenti di lepri o di Galliformi nel corso dell’estate; la mortalità dei soggetti rilasciati, già elevata in condizioni ambientali normali, nella situazione attuale potrebbe diventare talmente alta da rendere pressoché inefficace lo stesso intervento di ripopolamento. Qualora non siano ancora stati effettuati i rilasci, si suggerisce di attendere il miglioramento delle condizioni ambientali e, conseguentemente, di posticipare l’apertura della caccia nei confronti delle specie oggetto di ripopolamento per consentire l’ambientamento dei soggetti immessi. In caso contrario, si ritiene realistico ritenere che solo una frazione minima dei contingenti introdotti in natura sia ambientata, pertanto si suggerisce di adottare provvedimenti volti ad evitare che si eserciti un eccessivo prelievo nei confronti delle popolazioni naturali.
- Caccia nelle aree interessate da incendi - L’esercizio dell’attività venatoria a carico di talune specie può rappresentare un ulteriore motivo di aggravamento delle condizioni demografiche delle popolazioni interessate, non solo nelle aree percorse dagli incendi, ma anche nei settori limitrofi e interclusi, allorquando l’azione del fuoco abbia interessato percentuali importanti di un’area (es. oltre il 30%) e quando gli incendi si siano succeduti nell’arco degli ultimi anni negli stessi comprensori. Lo scrivente Istituto suggerisce quindi alle Amministrazioni competenti di attivare specifiche iniziative di monitoraggio soprattutto a carico delle popolazioni di fauna selvatica stanziale o nidificante, potenzialmente oggetto di prelievo venatorio, valutando eventuali misure di limitazione del prelievo stesso. In particolare si suggerisce di considerare provvedimenti finalizzati ad estendere il divieto di caccia nelle aree forestali incendiate (come già previsto dalla Legge n. 353/2000, art. 10, comma 1 per le sole aree boscate) almeno per due anni a tutte le aree percorse dal fuoco (cespuglieti, praterie naturali e seminaturali, ecc.), nonché ad una fascia contigua alle aree medesime, le cui dimensioni andrebbero stabilite caso per caso in funzione delle superfici incendiate, della loro distribuzione e delle caratteristiche ambientali delle aree circostanti.
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