Riceviamo e pubblichiamo:
Dopo la valanga dei ricorsi animalisti agostani, ai quali siamo purtroppo abituati da anni, ora anche Ispra è scesa in campo e ha sferrato il suo violentissimo attacco contro la caccia e i cacciatori italiani.
Un attacco che pur se condotto con un pistolotto di taglio apparentemente scientifico e tecnico, ricorre alle periodiche e ben note crisi che affliggono il nostro Paese: una volta le piogge torrenziali; un’altra volta la siccità; una volta troppa neve; una volta il caldo eccessivo e chi più ne ha, più ne metta.
Stavolta, il responsabile del Servizio Coordinamento Fauna Selvatica, Dott. Piero Genovesi e il Responsabile dell’Area pareri Tecnici e Strategie di Conservazione e Gestione Patrimonio Faunistico Nazionale e Mitigazione Danni e Impatti, Dott. Roberto Cocchi, hanno aggiunto una serie infinita di paroloni molti dei quali fanno riferimento al riscaldamento globale, all’anossia di tante zone umide e, infine, al dramma degli incendi che vengono definiti “di comprovata origine dolosa”.
Peccato che i due firmatari del documento dell’Ispra siano incorsi in alcune amnesie (o omissioni). Per esempio, si sono dimenticati di dire che il problema dell’anossia in molte zone umide dipende proprio da una gestione ambientalista del tutto errata e che i danni del mancato ricambio delle acque e della manutenzione, sono stati contenuti e risolti proprio dall’intervento dei cacciatori (vedi la strage di uccelli nella Valle della Canna nel territorio ravennate).
E un’altra dimenticanza riguarda proprio l’origine dolosa di alcuni incendi che, visto l’autore di alcuni di essi, potrebbe essere stata indotta dalla sicura adozione di successivi provvedimenti restrittivi dell’attività venatoria.
L’Anlc crede che questa incessante campagna punitiva nei confronti dei cacciatori sia sempre più una sorta di comodo paravento dietro il quale nascondere l’incapacità di tanti amministratori locali e di aree protette, come è avvenuto recentemente sull’Isola di Montecristo dove, per eradicare i ratti, sono state disseminate 14 tonnellate di esche avvelenate. Un’operazione che gli esperti definiscono come un “disastro ecologico” in quanto si sono determinati innumerevoli casi di avvelenamento primario e secondario in un vasto numero di specie animali, compresi uccelli, mammiferi e rettili.
Ed è davvero strano che un Istituto come Ispra non sia intervenuto, forse era troppo impegnato ad occuparsi di caccia e cacciatori.
La natura – e lo sappiamo bene noi cacciatori – merita ben altre attenzioni e la sua difesa non può limitarsi ad una generalizzata (e spesso esagerate e del tutto immotivata) riduzione della caccia.
Roma, 9 settembre 2021
Il Presidente
Paolo Sparvoli