Camillo Langone è fra i pochi intellettuali italiani che non teme di andare controcorrente quando si parla del rapporto fra uomo natura e caccia. Ultima in ordine di tempo, l'uscita di ieri sul Il Foglio, dove richiamando l'attenzione per un nuovo libro di David Rondoni, "poeta non ovvio", fa sua l'affermazione "Non mi pare di vedere vip e grandi campagne di comunicazione e marketing sposare la causa di questi popoli sfigati. Non deve essere chic come quella contro le pellicce di pelo animale. Agli armeni glielo possono pure bruciare, il pelo, le granate turche".
E da lì, insiste sul concetto che la natura è natura, quindi non corrisponde a quell'entità idilliaca celebrata nei salotti radical chic. Citando, con Rondoni, il sommo Leopardi - i poeti conoscono la natura meglio degli scienziati e dei poeti - ne conferma la vera essenza: “dura”, “matrigna”, “inimica”, “empia”. E con Lucrezio conclude che “La stirpe delle bestie, nemica al genere umano”. Insomma, anche per Camillo Langone "Ci voleva un poeta - Rondoni - per dire a chiare lettere che i cinghiali sono nemici dell’uomo…" e quindi "Sia considerato degno della poesia solo chi dimostra di avere appreso che la natura è una cosa da prendere a fucilate."
Con il dovuto rispetto, possiamo aggiungere noi, che dobbiamo alla bellezza del creato, che solo l'uomo è in grado di concepire.
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