Poche settimane fa il Consiglio degli esperti europei in materia di specie aliene e invasive (IAS) ha tenuto in Croazia il suo ottavo meeting. Il gruppo di lavoro, costituito in virtù dei principi stabiliti dalla Convenzione di Berna, fa capo alla Comunità Europea e ai suoi osservatori in tema di fauna selvatica come FACE e IUCN. In molti paesi comunitari i cacciatori sono direttamente coinvolti nei piani di gestione organizzati dalla IAS.
L'incontro è stata l'occasione per illustrare alcuni esempi di specie problematiche. Si è parlato del cane procione (Nyctereutes procyonoides) in Svezia e Finlandia responsabile della diffusione della rabbia e predatore vorace di diverse specie di uccelli che nidificano a terra. In Croazia si è invece particolarmente diffusa la mangusta indiana (Herpestes auropuntactus), una specie onnivora che attacca piccoli di daino e conigli. Infine, il visone americano (Mustela vison) in Polonia. Una delle raccomandazioni uscite dal convegno è quella di incoraggiare alcuni paesi dell'Europa dell'est a coinvolgere i cacciatori verso l'inizio di una totale eradicazione della mangusta indiana.
L'assemblea ha inoltre evidenziato la necessità di misure per il monitoraggio e la prevenzione della diffusione del cane procione.
L'80 per cento circa delle specie aliene vengono introdotte in Europa per motivi commerciali (attività di lavorazione delle pelli, ecc.), mentre il restante 20 per cento delle specie viene introdotto intenzionalmente. Secondo la Ias ogni anno in Europa viene introdotta una nuova specie di mammiferi.
Alcuni rappresentanti delle delegazioni nazionali hanno evidenziato quello che rappresenta uno dei più grossi problemi nella battaglia verso il riequilibrio ambientale: l'opposizione di molti, troppi gruppi animalisti che ostacolano più o meno direttamente il lavoro sulle specie aliene. Gli animalisti attaccano deliberatamente ogni amministrazione che intende agire secondo il rapporto di eradicazione della IAS attraverso campagne mediatiche scientificamente infondate.
Questi attacchi provocano un ulteriore danno alla fauna e alla flora autoctona che si trova a dover combattere per la propria sopravvivenza.