Lo storno, come ben sappiamo, rappresenta uno dei problemi più urgenti in tema di danni alle coltivazioni, è un pericolo per la salute dell'uomo e una rovina per i centri abitati .
Eppure non può essere cacciato se non con l'ausilio delle tanto contestate deroghe al calendario venatorio, così come stabilisce l'Unione Europea che considera protetta questa specie ma che prevede tale strumento in via straordinaria e in presenza di una combinazione di fattori particolari e documentati.
I provvedimenti determinano durata, mezzi, luoghi, modalità di prelievo e soggetti abilitati. I troppi i fattori da tenere in considerazione hanno finora portato le amministrazioni regionali e provinciali ad incappare quasi sistematicamente in infrazioni alle direttive comunitarie.
Secondo la Regione Toscana, dove questa specie è in costante aumento, l'unica strada possibile per uscire da un tale circolo vizioso, passa per l'introduzione dello storno tra le specie cacciabili, così come tra l'altro richiede a gran voce da tempo tutto il mondo venatorio. Un punto che trova tutti d'accordo in Italia (sottratti gli animalisti), ministro Zaia compreso.
In pratica però – scrive la Regione nel suo documento programmatico – tale soluzione risulta allo stato dei fatti di scarso realismo, visto che una precisa norma comunitaria (art. 2 della Direttiva Uccelli) prevede che sia sufficiente l'accertamento di una sola situazione di crisi della specie in un solo paese membro per bloccare tale possibilità nell'intera Comunità”.
Per questo la Toscana torna a puntare sulle deroghe come unica possibilità di combattere l'impatto dello storno, dichiarando l'impegno di sostenerle con “una mole adeguata di dati raccolti in modo sistematico e scientificamente inattaccabile”.