“Questa è l’ultima manifestazione pacifica che facciamo, se non otterremo risultati la prossima volta saremo a Montecitorio". Così ha detto Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, dal palco di Piazza Santi Apostoli a Roma, nel corso della manifestazione indetta dalla più importante organizzazione agricola italiana, per protestare contro l'inefficienza del Governo nei confronti del proliferare dei cinghiali, aggravato dai recenti focolai di peste suina africana.
"A causa dei cinghiali - ha specificato - abbiamo perso ottocentomila ettari coltivati, mettendo a rischio la nostra capacità produttiva in un momento peraltro delicato a causa della guerra in Ucraina. È paradossale che con i costi fuori controllo noi dobbiamo spendere di più per coltivare e il raccolto ci vien distrutto dai selvatici. Ma ci sono anche agricoltori che hanno addirittura perso la vita a causa dei cinghiali e in un Paese normale ciò non dovrebbe essere possibile. Per fermare l’invasione dei cinghiali nelle campagne e nelle città - ha concluso - siamo pronti a chiedere l’intervento dell’esercito".
Forse, verrebbe da commentare, non sarebbe stato necessario giungere fino a questo punto, se anche gli agricoltori si fossero tempestivamente impegnati a denunciare le vere cause di questa proliferazione e delle pandemie conseguenti. La parcomania, per anni cavalcata anche da Coldiretti, ci ha portato alla situazione attuale. Se il mondo dell'agricoltura si fosse adoperato per superare le storture delle disposizioni modaiole (leggi sulle aree protette in particolare), che miravano e mirano più a screditare i cacciatori, piuttosto che a gestire il complesso rapporto uomo-ambiente-natura-agricoltura, oggi non saremmo a invocare l'intervento dell'esercito. Basterebbero i cacciatori.